#101. Il canto delle pietre di Pinuccio Sciola
In Sardegna c'è un Giardino Sonoro dove le rocce cantano
Ciao !
Ascolti mai il canto della natura? Penso al gorgoglio di un ruscello, al sibilo del vento o al crepitio del ghiaccio. Eppure c’è un altro suono misterioso da scoprire, spesso trascurato: quello delle rocce. Perché anche la pietra, a modo suo, canta.
Musica che nasce dalle profondità della terra
Camminava sempre scalzo, sin da piccolo, come se il contatto diretto con la terra potesse fargli sentire più vicini i segreti della natura.
La vita di Pinuccio Sciola è in simbiosi con gli elementi, soprattutto con la pietra. Un giorno, mentre intaglia un monolito, si accorge di qualcosa di straordinario: un suono si sprigiona dalla roccia, un canto primordiale che lo tiene sveglio per notti intere. Aveva liberato la voce della pietra.
Inizia così un’esperienza alla ricerca del suono nascosto: nascono i litofoni,1 strumenti che richiamano gli antenati della musica umana.2 Tuttavia Sciola decide presto che le sue sculture non devono essere percosse, tutt’al più accarezzate, accompagnate dolcemente mentre esprimono la loro anima sonora. E ogni pietra, scopre ben presto, ha una voce unica: il calcare canta in modo diverso dal basalto; e proprio il basalto, con la sua profondità e mistero, diventa il legame più forte con la terra natale, la Sardegna.
Nasce un’archeologia sonora che passa attraverso la pietra, e un’eredità senza tempo, fatta di sculture vive. Il Giardino Sonoro a San Sperate, in provincia di Cagliari, è un museo a cielo aperto dove ogni roccia racconta una storia antica, fatta di suoni che attraversano lo spazio e il tempo.
L’orchestra delle pietre e la sinfonia della natura
È il 1996 quando le “pietre sonore” di Sciola vengono suonate per la prima volta in pubblico dal percussionista Pierre Favre, durante il Time Jazz di Berchidda,3 sempre in Sardegna. Le sculture, simili a menhir, lavorate perlopiù in calcare e basalto, producono suoni quando vengono sfiorate. Grazie alle incisioni parallele praticate sulla superficie, combinate con il tocco delle mani o piccole rocce, sprigionano vibrazioni che ricordano la natura e, a tratti, persino la voce umana.
Le pietre di Sciola hanno suonato ovunque: dalla Città della Musica a Roma, grazie a una collaborazione con Renzo Piano, fino all’Arsenale di Venezia, passando per la piazza della Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi per volare poi intorno al mondo.
Ogni volta, contaminano il paesaggio e ispirano artiste e artisti, ma la loro casa resta il Giardino Sonoro di San Sperate, un luogo in cui l’arte e la natura si fondono in un abbraccio eterno.
L’esperienza sensoriale del Giardino Sonoro
Un proverbio cinese recita: «Per spostare le montagne, bisogna iniziare da una pietra». E così è stato per Sciola, che sin da giovane ha saputo riconoscere nella roccia un potenziale straordinario. La sua carriera inizia quasi per caso, con una piccola scultura esposta alla Rinascente di Cagliari, subito notata da occhi esperti, in grado di scoprire il suo talento grezzo.
Nato nel 1942 in una famiglia contadina, sembra non esserci spazio per l’arte nella sua vita. Eppure Sciola non può restare imprigionato in un destino già scritto: studia, viaggia per il mondo, incontra persone straordinarie, è testimone della contestazione, ma torna poi alle sue radici.
Di nuovo a San Sperate, negli anni Sessanta, trasforma il paese natale in una gigantesca tela bianca, portando artiste e artisti da ogni angolo del pianeta per condividere con la comunità la potenza dell’arte, grazie ai murales.
È proprio in questa terra di creatività e sogno che ha preso forma il Giardino Sonoro, suo laboratorio creativo e luogo che raccoglie l’essenza di Sciola e della Sardegna, che lui stesso definisce «il centro primordiale dell’Universo».
Il Giardino Sonoro racchiude l’anima di Pinuccio Sciola: il contatto con la natura, la volontà di essere accessibile a chiunque lo desideri, l’amore per la Sardegna, terra natale e scrigno di tesori ancestrali.
Il Giardino Sonoro è un’opera davvero accessibile perché ha una peculiarità: parla tutte le lingue del mondo. Qui arrivano persone di ogni età che possono vivere ogni opera a 360° toccandola e sentendola con il proprio corpo. Lavoriamo ad esempio molto insieme a persone con disabilità diverse.
Tutto questo non è un’eredità che appartiene ai miei fratelli o a me, ma speriamo che continui a vivere tanto oltre a noi: per questo è importante portare avanti attività come la Fondazione, i festival e le varie pubblicazioni, per trasmettere la filosofia di grande rispetto che il mio babbo ha sempre avuto.
Sulla sua tomba c’è scritto “Pinuccio Sciola, scultore nato dalla pietra, amante dei fiori, dell’acqua e del sole” e credo che questo senso di rispetto sia la cosa più importante che ha lasciato.
— Maria Sciola
Oggi il Giardino è un museo a cielo aperto, in costante dialogo con la natura. Le pietre megalitiche accompagnano i visitatori attraverso un agrumeto, stimolando tutti i sensi e trasformando ogni passo in una scoperta. Qui, l’elemento apparentemente più immobile, la pietra, si anima; nel silenzio, narra storie attraverso le sue vibrazioni.
La natura non ha parole per raccontarsi, forse non ne ha nemmeno bisogno: possiamo ascoltarla, conoscerla e comprenderla attraverso il suo canto ancestrale. Nel Giardino Sonoro, il suono delle pietre ci avvolge e ci guida in un viaggio fuori dal tempo.
E tu, Che cosa senti?
L’artista che ha liberato il canto delle pietre è raccontato in un libro illustrato, anzi in un extended book: Che cosa senti? (Albero delle Matite, 2024) è un volume scritto con un font ad alta leggibilità, che si integra con contenuti extra in digitale e offre delle pagine bianche da scrivere e disegnare, per ogni età.
Ho intercettato la scrittrice Daniela Palumbo e l’illustratrice .
Come nasce questo libro?
Daniela Palumbo — Ho sempre amato le pietre. Le cerco sul mio cammino. Le pietre trattengono la forza creatrice della vita.
Un giorno ho incontrato le pietre del Giardino Sonoro di San Sperate e la poesia del pensiero di Pinuccio Sciola. Ho visto le mani di Maria Sciola accarezzare la roccia per far affiorare dal profondo della materia il suono che narra la Memoria dell’Universo. Pinuccio Sciola mi ha svelato il legame profondo che c’è fra la pietra e la Storia dell’umanità.
I suoni che ascoltiamo dalle pietre ci parlano di ere lontane, raccontano i bisbigli dell’uomo e la sua evoluzione nella Natura. Quel legame - uomo pietra - che Pinuccio ha esplorato, dovrebbe farci capire che l’Uomo è Natura.
Comprenderlo ci consentirebbe di vivere un rapporto con l’ambiente non più da predatori, ma da ospiti. Ospiti leggeri, rispettosi, curiosi delle meraviglie della Natura. Le mani di Pinuccio e Maria Sciola sulle pietre hanno questo incanto. In Che Cosa Senti? l’ho raccontato.
Come si traduce la musica, e in generale il suono, in immagini?
Tostoini — Ho avuto due guide in questo lavoro: la prima delle due sono le pietre stesse e quello che Sciola stesso ci aveva visto dentro. Le pietre sonore somigliano alla loro voce: il calcare, per esempio, ha una voce di mare e ne ha anche l’aspetto. La seconda guida sono state le parole di Daniela, che nel libro mette in scena quei suoni con le parole.
Nel passare da un linguaggio all’altro, non ci sono due persone che per le stesse parole vedranno la stessa identica immagine, e in questa traduzione imperfetta c’è quello che per me rimane una delle stregonerie più belle dell’illustrazione.
Io ci ho messo le mie: il mare che ho sentito nelle pietre, ma pure il mare e la Sardegna del mio immaginario e della mia infanzia. Non è una traduzione letterale, forse è più un invito a venire a sentire con le proprie orecchie: io ci ho sentito e visto questo, tu cosa ci senti?
Prima di salutarci, ho una domanda: passi da Rovereto, il prossimo weekend? In caso, ci vediamo al Wired Next Fest!
✔️ Venerdì 27 settembre, insieme a e Alessio Carciofi parleremo di Benessere (non solo) digitale: la rivoluzione del tempo, un tema che mi sta davvero molto a cuore.
✔️ Sabato 28 settembre, l’esimio Nicholas David Altea e io racconteremo Come SEO e social hanno cambiato il giornalismo (e anche Wired) nella nostra super masterclass.
Ti segnalo anche i workshop di un caro amico dei Dispacci, : Meme, Myself and I e Dire qualcosa non vuol dire avere qualcosa da dire, il 27 e 28 settembre.
Curiosa il programma completo, perché è strepitoso e c’è anche parecchia musica!
Per il Dispaccio di oggi è davvero tutto!
Non sottovalutiamo il potere della connessione: lascia un commento per svelarmi come ti è sembrata questa puntata; se non te la senti, basta un cuore per farmi sapere che ci sei.
I litofoni sono strumenti idiofoni a percussione in cui una o più pietre sono utilizzate come corpo sonoro.
Realizzati con frammenti di travertino, i litofoni sono protagonisti delle ricerche artistiche di un’altra grande scultrice italiana: Amalia Del Ponte.
Berchidda è la città natale del musicista e studioso Paolo Fresu.
Che bella la definizione di archeologia sonora
Evviva