#67. Rifiorire
Il concerto di gamelan giavanese Dari jaman ke jaman dei Gong Wisnu Wara, la performance Sonic Blossom di Lee Mingwei, oltre lo spazio e il tempo.
Ciao !
Scrivo un Dispaccio estemporaneo, abbozzato sul mio taccuino durante le giornate torinesi del Salone del Libro. Oltre a quanto è accaduto nei padiglioni — tante le idee stimolanti intercettate, gli incontri rasserenanti e le perle scovate, soprattutto tra le proposte di piccole realtà indipendenti; altrettante ahimé le secchiate di banalità e le filippiche ombelicali — c’era infatti un’intera città da osservare e ascoltare.
In particolare, due sono gli eventi musicali che vorrei fissare nella memoria storica di questa newsletter: il concerto di gamelan giavanese Dari jaman ke jaman dei Gong Wisnu Wara all’Università di Torino e la performance Sonic Blossom di Lee Mingwei al MAO - Museo d’Arte Orientale. Insomma, uno sguardo a est, dove sorge il sole, in un tempo in cui provare in ogni modo a far rifiorire fiducia e speranza.
Il gamelan giavanese oltre lo spazio e il tempo
Dalle isole di Giava, Bali e Lombok arrivano le melodie suonate da un’orchestra tradizionale dalla storia antica, che affonda le sue radici ancor prima del dominio culturale induista e buddista sull’Indonesia: il gamelan.
È un ensemble tra i più complessi e raffinati al mondo per il numero di musicisti che intrecciano tra loro canti e musiche, la fattura degli strumenti, le tecniche esecutive. Il nome deriva dalla parola gamel, che indica l’atto di colpire con un mazzuolo e, nello specifico, la musica con strumenti a percussione. Il gamelan è parte della vita quotidiana di quelle isole, lo si ascolta durante le cerimonie religiose, nel wayang kulit, il teatro delle ombre, così come durante la danza.
Per una sera, la musica del gamelan giavanese risuona nel cortile della Sala blu del Rettorato dell’Università di Torino, a pochi passi dalla folla di via Po, per il concerto Dari jaman ke jaman, letteralmente “da epoca a epoca”. Il viaggio del gamelan, nello spazio e nel tempo, è scandito da sei brani: canzoni nate nelle corti di Giava, tradizione popolare e opere composte dai maestri del mondo accademico sono proposte dal gruppo Gong Wisnu Wara di Roma.
I musicisti suonano il maestoso Montebello gamelan del collezionista ed esperto Giovanni Sciarrino, un’orchestra conservata a circa quaranta chilometri dal capoluogo piemontese, tra le più grandi d’Europa, come spiega Ilario Meandri, docente di Etnomusicologia che ha curato la lezione-concerto insieme a Jacopo Tomatis.
L’esordio è scandito dalle note di Ladrang Wilujeng in pelog barang, uno dei brani più noti del repertorio, eseguito in apertura dei concerti, dalle manifestazioni pubbliche alle piccole esibizioni amatoriali: “Wilujeng” significa infatti “benvenuto” o “buon augurio”. Sembra poi dialogare con la pioggia incessante Lancaran Ricik Ricik Banyumasan in sléndro manyura , il cui titolo può essere tradotto in “pioviggine” dalla lingua ngapak. Un verso cita “Il suono della pioggia sta arrivando” e racconta l’inizio della stagione monsonica nelle campagne.
Il gran finale offre poi l’inedito Jam-an now in laras miring, un esperimento, nato durante le prove dei Gong Wisnu Wara, che si è trasformato in un dialogo tra gamelan e altri strumenti come chitarra e basso elettrici, kamanche e darbouka, lasciando spazio all’improvvisazione e al talento individuale. Accanto a “jam”, al concetto d’improvvisazione, compare lo slogan “jaman now”, “tempo dell’ora”, diffuso nelle nuove generazioni indonesiane e che accoglie, nel repertorio tradizionale, innovazioni tecnologiche e mediatiche, dialogando tra forme espressive e culture come solo l’enorme potere della musica, e dell’arte in generale, consente di fare.
Sonic Blossom, poesia e musica come dono
Nel Lied la poesia si trasforma in suono, il suono si trasforma in poesia: parole e musica sbocciano nell’incontrarsi, nell’intimità che si crea tra chi canta e chi ascolta in una fioritura sonora.
Nasce da questo punto di vista Sonic Blossom di Lee Mingwei, che racconta di aver iniziato a pensare alla mostra mentre assisteva la madre durante una convalescenza, in un periodo di fragilità in cui le composizioni di Franz Schubert portavano sollievo, fisico e morale, a entrambi.
Quei brani si presentavano a noi come doni inaspettati, che ci tranquillizzavano e senza dubbio contribuivano alla guarigione. A un altro livello, vedere mia madre debole e malata rendeva di colpo molto reale la sua (e la mia) mortalità; l’invecchiamento, la malattia e la morte per me non erano più un’astrazione, ma qualcosa di immediato e presente. Un giorno lei non ci sarà più… e nemmeno io. Come i Lieder di Schubert, le nostre stesse vite sono brevi, ma tanto più belle in virtù di questo.
— Lee Mingwei
In Sonic Blossom la musica assume le sembianze di un dono trasformativo a chi visita la mostra: l’artista di turno, che si appresta a cantare uno tra i cinque Lieder selezionati di Schubert, sceglie una visitatrice o un visitatore in un momento e in un luogo casuali, durante la loro visita al MAO - Museo d’Arte Orientale di Torino.
La performance è interpretata da sette cantanti della Scuola di musica vocale da camera di Erik Battaglia del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, impegnati in una performance continua, scandita dai Lieder e dai passi tra le stanze di Palazzo Mazzonis.
Nasce così, come la definisce Davide Quadrio, direttore del MAO, «una mostra di vibrazioni», di suono e ritualità. La musica, fondamentale nella formazione e nella pratica di Mingwei, fa fiorire la bellezza, è baricentro dell’esperienza di vita; la ritualità si riscontra in almeno due elementi, come gli abiti cerimoniali di artiste e artisti e, soprattutto, nella domanda che viene posta per far scoccare l’intera performance: «Posso cantare una canzone per te?».
Dall’incontro inizia una trasformazione davanti ai nostri occhi, il caso diventa reciprocità e dà vita a una storia al contempo personale, per le emozioni che provano performer e prescelti, e condivisa, da loro stessi così come dal pubblico intorno.
Intimo e universale si fondono in pochi attimi di magia intensa: Sonic Blossom testimonia come la musica riesca a creare connessione tra due individui fino a poco prima estranei, a trasformare la sala di un antico palazzo nel tempio di un rito collettivo, a materializzare un’invocazione alla speranza.
Per oggi è tutto, i Dispacci tornano già la prossima settimana.
Nel frattempo, se non dormi, se hai una melodia che arriva da oriente nel cuore, se pensi che parole e musica possano e debbano cambiare il mondo: scrivimi.
E un grazie a Roberta.
A presto,
Samantha