#50. Orizzonti
Un vecchio disco, un film orientale, una canzone in persiano, un libro camaleontico per guardare lontano, senza ansie né paure.
Ciao !
Sai, alcuni giorni fa, una voce fidata e cara mi ha rivelato di trovare nei Dispacci apertura e rassicurazione. Un pensiero splendido, su cui riflettere.
Per rendere il mondo un posto migliore, pur negli affanni e tra mille problemi, tocca a ciascuno fare la propria parte, secondo le diverse inclinazioni e possibilità. Così, in piena consapevolezza, i Dispacci provano e proveranno sempre ad aprire gli orizzonti, senza mettere ansia; a scovare nei dintorni e tra i suoni i dettagli per cui vale la pena sorridere, lottare, respirare, anche e soprattutto quando nella mente si affastellano i pensieri e le notizie allarmanti imperversano.
Il tutto ricordando che prolissità non è sinonimo di interesse o maestria; che snocciolare filosofie è un esercizio sterile, se non si crea un legame tra chi scrive e chi legge; e che, a tal proposito, la narrazione è un impegno e l’invito all’approfondimento un atto di fiducia.
Così, nel cinquantesimo numero, i Dispacci raccolgono idee da angoli diversi della Terra, a ricordare che la musica è uno strumento unico per osservare e osservarci.
Grazie per essere qui.
30 anni di Automatic For The People
Il mondo è un posto strano, nel 1992. Il grunge divampa ormai ovunque, segnando una nuova era, serpeggiando fin nei corridoi delle major discografiche e imponendo un nuovo verbo. Sullo sfondo, politica e cronaca lasciano intendere come gli ultimi anni del secolo non si prospettino tranquilli: gli Accordi di Rio dell’Onu spalancano una nuova breccia sui pericoli dei cambiamenti climatici, in primavera scoppia la guerra nei Balcani. E, guardando in casa nostra, l’Italia è al centro di attentati che ne segnano per sempre la storia. Come uno spartiacque. La fragilità stessa dell’individuo, schiavo e carnefice del proprio destino, non può essere ignorata.
I R.E.M. affrontano tutto questo ridefinendo sé stessi e agganciando una nuova visione della realtà, necessaria per sopravvivere e veicolare un messaggio universale. Oggi, a 30 anni dalla sua uscita, Automatic For The People è tremendamente attuale, tanto nei suoni quanto nei temi.
L’ottavo album della band è una metamorfosi, che prende forma nella fisicità stessa di Michael Stipe, volto scavato e capelli radi, una reazione alla furia riversata nel rock, un’immersione nelle sfumature timbriche, nella profondità lirica.
I brani dei R.E.M. si inoltrano nel labirinto della disillusione, lacerano l’età dell’innocenza e voltano le spalle al passato, mettendo a fuoco la realtà con una sensibilità affilata, nitida e al contempo profonda.
La prospettiva cambia, ad esempio, già durante la composizione: si racconta di Everybody Hurts, diafana ed eterea, dove il ruolo delle percussioni è in apparenza in secondo piano, ma che vede protagoniste le intuizioni del batterista Bill Berry; oppure Nightswimming, dove la voce di Stipe è sorretta dalla fluidità del basso di Mike Mills, canzone che deve la sua luce agli arrangiamenti orchestrali di John Paul Jones (proprio lui, il tizio che suonava nei Led Zeppelin).
Il disco è pubblicato un anno e mezzo dopo Out Of Time, con il successo ecumenico di Losing My Religion, un tempo sufficiente ai R.E.M. per fermarsi, fermare chiunque ascolti e leggere la complessa grammatica di un mondo nuovo in bilico tra paura e speranza.
The Night, il notturno di Tsai Ming-liang
Liang ye bu neng liu (La dolce notte fugge via) è una vecchia canzone cinese degli anni Quaranta, una canzone che dà il titolo originale al film di Tsai Ming-liang, tradotto in The Night. L’opera racchiude alcuni piani sequenza di Causeway Bay, nucleo vitale di Hong Kong, sfavillante tra lussuosi negozi e centri commerciali. Eppure, nei venti minuti di film non c’è niente di tutto questo, non c’è frenesia, l’occhio riposa, il respiro si placa.
Tsai Ming-liang conosce bene la scena musicale di Hong Kong e, poco prima della pandemia, vi fa ritorno per una serie di incontri dedicati alla musica. Con l’occasione, e le note nella mente, la sera vaga per la città e registra le scene, ne coglie i dettagli, sembra voler isolare le essenze dai rumori di fondo, dagli echi del traffico, dalle sirene lontane.
Un’immagine di The Night.
Nella vecchia canzone, la voce racconta di quanto poco tempo la notte, così breve, conceda a due amanti per stare insieme: la notte, in questo film, si dilata ed effonde tutto l’amore del regista per quei luoghi, i suoi. Ogni suono è afferrato per essere custodito nello scrigno del cuore, ogni suono diventa tempio d’elezione per la nostalgia più tenera.
Il film è disponibile su Mubi (se non ce l’hai, puoi provare la settimana gratuita).
Bella ciao è il canto di libertà delle donne iraniane
Durante il lutto, le donne curde tagliano i loro capelli. In alcune comunità, le trecce ondeggiano al vento accanto alla tomba di chi è pianto. In Iran, negli ultimi giorni, le chiome tagliate di netto corrono sui social, arrivano nelle piazze e, tra l’odore di stoffa bruciata degli hijab dati alle fiamme, la protesta supera i confini e arriva nel cuore delle città europee.
Le donne iraniane, in memoria di Mahsa Amin — morta dopo essere stata arrestata dalla polizia poiché non indossava il velo in modo corretto — portano avanti una protesta che diventa universale, una protesta che rivendica la libertà di scegliere e autodeterminarsi, in opposizione aperta al regime. Si contano decine di vittime, tra cui Hadis Najafi, una manifestante uccisa con sei pallottole al collo e al petto.
Dai social alle piazze, c’è un canto che accompagna i loro gesti ed è proprio quella canzone, lei, Bella ciao.
Nella protesta iraniana, oggi non ci sono più divisioni etniche e di classe, sono coinvolte le donne tanto quanto gli uomini, gente comune e personaggi famosi, chiunque voglia gridare contro economia al collasso, corruzione, repressione. Dalle donne si è alzato un canto, poi diventato grido, che rivendica la vita.
Il karma del camaleonte, ovvero come salvare i mari, e sé stessi, con la perfetta colonna sonora
Dall’Inghilterra alla Sardegna, con una breve incursione siciliana, Valentina e Graham intraprendono un viaggio zeppo di colori, tenerezza e musica, tanta musica. Inseguendo un brevetto per la pesca sostenibile, e accarezzando la salvezza dei mari, due vite si ritrovano, svelano, ricostruiscono insieme il futuro con una colonna sonora che oscilla tra Radiohead e Velvet Underground.
L’autrice, Maria Serra, è stata una delle mie compagne di banco alla scuola di scrittura narrativa di Raul Montanari; ne Il karma del camaleonte (Alter Erebus, 2022) gioca con le parole in modo frizzante e la musica scorre in ogni frase, animando la storia pagina dopo pagina e lasciando un messaggio dolce, in uno di quei libri che arrivano proprio quando ne hai bisogno: «niente è irreversibile, fino a quando ci è concesso di immaginare il futuro».
Appuntamento last minute!
Se ti va, ci vediamo sulla pagina Facebook di Alter Erebus stasera, alle 21.00: insieme a Maria Serra, Valentina Zanobelli (fotografa e autrice dell’immagine di copertina) e Dario Testi (editor), ci sarò anche io per raccontare in diretta Il karma del camaleonte.
Sarai dei nostri?
Per il Dispaccio di oggi — il numero cinquanta, che meraviglia — è tutto.
Se hai voglia di condividere le tue idee, se hai domande, consigli, se non dormi, se stai per riascoltare i R.E.M. o se conservi, preziosa, la speranza: scrivimi.
Grazie a Silvia per il tocco magico.
A presto,
Samantha