#53. Kurt Vonnegut
Se Kurt Vonnegut fosse una musica, che musica sarebbe? Quali canzoni ascoltare per celebrare i suoi 100 anni? Debutta la rubrica Accenti, conversazioni con chi ascolta, osserva, immagina, scrive.
Ciao !
Tra le immagini granulose di So It Goes, un vecchio documentario della BBC a lui dedicato, Kurt Vonnegut sostiene che «tutti noi pensiamo alle nostre vite come se fossero delle storie». In effetti, è così: raccontare e ascoltare storie — che si tratti di un semplice passatempo, di condividerle o di fare memoria, per consentire loro di sopravvivere al tempo — è una caratteristica comune all’uomo, in ogni angolo del mondo, anche il più remoto.
Una delle storie di oggi racconta proprio dello scrittore e intellettuale geniale americano (1922-2007) che, tra qualche giorno, avrebbe compiuto 100 anni. E, in particolare, del suo legame con la musica. Arriva poi una novità, una serie di conversazioni su blog, newsletter e scritture varie, che inizia sbirciando tra gli androni di palazzi sconosciuti: sono gli Accenti e spero ti terranno compagnia.
PS: il contenuto principale, sorpresa, lo puoi anche ascoltare.
Se Kurt V. fosse una musica
C’è una frase di Kurt Vonnegut — la puoi ripescare nella raccolta di saggi Un uomo senza patria (Minimum Fax, Bompiani) — che, con la consueta ironia e irriverenza, tratteggia una visione precisa del mondo:
A prescindere da quanto possano diventare corrotti, avidi e senza cuore il nostro governo, le nostre aziende, i nostri media e le nostre istituzioni religiose e benefiche, la musica resterà sempre una cosa meravigliosa.
In questa frase, c’è tutto. Il suo sguardo sulla contemporaneità, l’ironia corrosiva, il suo modo, intriso al tempo stesso di leggerezza e critica radicale, di osservare la realtà, la profonda speranza custodita nel cuore.
L’11 novembre 2022 sarebbe stato il centesimo compleanno di Kurt Vonnegut. Nel suo romanzo forse più noto e universalmente acclamato, Mattatoio n. 5 (Bompiani, Feltrinelli), racconta come la morte non sia affatto sinonimo di assenza: per gli abitanti del pianeta Tralfamadore, l’approccio al tempo è diverso dal nostro e «quando una persona muore, muore solo in apparenza. [...] È solo una nostra illusione di terrestri credere che a un momento ne segue un altro, come nodi su una corda, e che quando un istante è passato sia passato per sempre». Vonnegut, quindi, è vivo e presente più che mai.
Vonnegut è vivo e presente in una galassia da scoprire, esplorare e dove incappare in spunti di riflessione, una galassia che racchiude quattordici romanzi, dall’esordio con Piano Meccanico (Bompiani, Feltrinelli) nei primi anni Cinquanta per approdare a Cronosisma (Minimum Fax) alla fine dei Novanta, con un centro rotazionale, per l’appunto, in Mattatoio n. 5.
C’è poi una nebulosa di saggi, racconti, un dramma teatrale e lettere (lettere d’amore, scritte alla futura moglie Jane Marie Cox durante la Seconda Guerra Mondiale) che rendono ancora più sfaccettato il suo pensiero, il pensiero di un autore che dichiara di sentirsi al confino nello scaffale della fantascienza, ma che proprio del genere ammira il coraggio di rompere gli schemi, di guardare oltre.
Con Mattatoio n. 5, dove narra il bombardamento di Dresda, diventa punto di riferimento della controcultura e, da lì, continua il cammino guidando intere generazioni di lettori e pensatori, negli Stati Uniti e oltre.
Se Kurt V. fosse una musica, sfoggerebbe l’improvvisazione del jazz, lo sguardo profondo e talvolta dissacratorio del blues, le melodie ammiccanti del rock melodico, gli accordi ruvidi del garage; si collocherebbe in bilico tra sperimentazione d’avanguardia, catturando l’attenzione dei musicofili più snob, e le tonalità sgargianti del pop, che lo fionderebbero sulle vette delle classifiche di streaming. Kurt Vonnegut incarnerebbe una musica ancora sconosciuta, poiché solo lui sarebbe in grado di darle voce, in un’armonia di stili e inesauribili ispirazioni.
Tre canzoni ispirate a Kurt Vonnegut
In Vonnegut’s Blues for America, stesso testo della precedente citazione, l’autore scrive:
Se mai dovessi morire — Dio non voglia — vorrei che sulla mia lapide ci fosse scritto:
L’UNICA PROVA CHE GLI SERVIVA
DELL’ESISTENZA DI DIO
ERA LA MUSICA
Vonnegut suona il clarinetto, lo suona male, come confessa a Lee Stringer in Stringere la mano a Dio (Bompiani), ma è convinto, continua, che la musica sia la cosa più bella e magica che potremo mai provare. Per tale motivo, ogni scrittore di sua conoscenza preferirebbe essere un musicista. D’altro canto, la sua influenza in ambito musicale è più incisiva di quanto si possa immaginare.
Ci sono numerose band e artisti legati alla sua opera, con riferimenti più o meno espliciti e dichiarazioni di stima. Dei Grateful Dead, tra i più citati, sono stati i diritti del film Sirens Of The Titan, tratto dal romanzo Le sirene di Titano (Bompiani), prima di tornare a Vonnegut; inoltre, Robert Hunter ha pubblicato canzoni scritte di suo pugno sotto l’etichetta Ice Nine Music, rimando alla microparticella descritta nel romanzo Ghiaccio-nove (Feltrinelli).
In tempi più recenti, Eddie Vedder dei Pearl Jam ha spesso ricordato Vonnegut, senza dimenticare Innocent Bystander, il titolo dell’antologia che raccoglie quattordici anni di suoi brani, riferimento a La colazione dei campioni (Bompiani).
Ancora, per fare un ultimo esempio, i Kula Shaker hanno ringraziato Vonnegut nel disco di esordio K, e lo stesso autore spesso ha utilizzato l’iniziale come firma.
Tra la tante canzoni ispirate a Vonnegut, eccone tre da ascoltare, cogliendo l’occasione propizia per celebrarlo.
So It Goes
da Jesus Of Cool (1978) di Nick Lowe
La frase, ripetuta 106 volte in Mattatoio n. 5 e mantra che riecheggia sul pianeta Tralfamadore, diventa il titolo del debutto discografico di Lowe.
Blue Monday
da Power, Corruption & Lies (1983) dei New Order
Pare che Stephen Morris, leggendo La colazione dei campioni, sia attratto da un’illustrazione con la scritta “Goodbye, Blue Monday”, sottotitolo del romanzo.
The Last Man On Earth
da Blue Weekend (2021) dei Wolf Alice
L’ispirazione arriva dal romanzo Ghiaccio-nove e fluisce direttamente nella discografia dei Wolf Alice.
Conversazioni con chi ascolta, osserva, immagina, scrive:
Alessandra Favazzo, Dentro gli androni
Cosa si può nascondere dentro un androne? Il bianconiglio da seguire per scoprirlo è Alessandra Favazzo, una giornalista professionista che vive immersa nelle parole: lavora nella redazione web di un giornale locale e collabora con diverse case editrici come editor, lettrice e correttrice di bozze. Da sette mesi, inoltre, con lei c’è il piccolo Pietro, suo figlio.
Come nasce Dentro gli androni?
Da qualche anno ho questa passione-ossessione per gli androni: cammino per Milano (o per le altre città che visito) e mi intrufolo negli ingressi dei palazzi più eleganti per fotografarli e postare le immagini sui social. L’anno scorso, anche grazie ai consigli di alcune persone vicine, ho pensato di far diventare gli androni lo scenario per alcune piccole storie, delineate da dialoghi spesso brevissimi. E da lì è nata l’idea di una newsletter che oggi ha oltre settecento iscritti.
Comunichi pensieri molto intimi e personali, che diventano universali e creano connessione con chi legge. Dove trovi l’ispirazione per ciò che scrivi?
La mia idea è quella di presentare vicende “minime”, che si svolgono in pochi secondi e delineate con pochissimi battute, che dovrebbero far aprire uno spazio nella mente del lettore che può figurarsi da sé quasi tutto: quali sono i rapporti tra i protagonisti, se si guardano negli occhi, cosa potrebbe capitare dopo. In queste storie a volte ci sono elementi autobiografici, ma più spesso sono nate immaginando quello che può accadere nella vita quotidiana nell’ingresso di un palazzo.
Una lettura da riscoprire
Credo siano troppo poco letti e un po’ obliati Giovanni Testori e i suoi racconti sulla Milano del dopoguerra, Il Dio di Roserio e La Gilda del Mac Mahon.Un disco da ascoltare
Non è molto originale, ma un disco che mi emoziona e diverte sempre, da ormai trent’anni, è il White Album dei Beatles.
Se ti va, puoi leggere e iscriverti a Dentro gli androni, la newsletter di Alessandra Favazzo.
Per il Dispaccio di oggi è tutto.
And so it goes.
Se hai voglia di condividere le tue idee, se stai per compiere cent’anni, se sbirci dentro gli androni, se hai domande, consigli, se non dormi, se pensi che parole e musica possano e debbano cambiare il mondo: scrivimi.
Grazie a Martina per il debunking, Roberta per la consulenza galattica e Silvia per il tocco magico.
A presto, con un appuntamento speciale a BookCity!
Samantha