La Baščaršija è il cuore antico di Sarajevo, lì si respira una storia millenaria, immersi in un crocevia di culture. Lì, in un vecchio quaderno di appunti, ho trascritto questa frase, pronunciata da non ricordo chi:
«È facile guardare gli altri attraverso degli stereotipi, ma qui nei Balcani siamo il risultato di una fusione. Ed è possibile elevarsi tramite lo scambio»
Ciò che so di per certo è che Sarajevo è una delle città più belle del mondo e che quel viaggio in Bosnia mi toglie fiato e parole a ogni ricordo, per i paesaggi maestosi, per la musica ascoltata, per le parole delle tante persone incontrate.
Vedran Smailović suona il violoncello sulle rovine della Biblioteca Nazionale di Sarajevo, 1992 (immagine di Mikhail Evstafiev per Wikimedia Commons).
Il quaderno prima citato è sbucato fuori proprio in questi giorni, a venticinque anni dalla pubblicazione di Linea Gotica, il secondo disco di quei C.S.I. nati dagli altrettanto amati CCCP (andati in pezzi qualche anno prima, con il frantumarsi del Muro di Berlino). Seguendo la sottile linea che inanella molti eventi della nostra vita, ho ricordato il pomeriggio in cui ho messo piede nella Biblioteca di Sarajevo, cantata in Cupe vampe: abbagliata dal candore delle sue mura, ho rivisto le fiamme, ho rivisto la me ragazzina che, forse per la prima volta, si è trovata faccia a faccia con l’orrore, quello vero, quello che esseri umani sono in grado di infliggere ad altri esseri umani, arrivando persino, come in una farsa grottesca, a bruciare i libri, a dare alle fiamme la memoria, per cancellare la ricchezza e la forza che solo con essa è possibile tramandare.
Può un disco raccontare la storia, far riflettere sulla vita? Possono musica e poesia essere così vivi da scorrere sotto la pelle? Ovviamente, la risposta per me è sempre stata e sempre sarà sì.
E, dato l’anniversario, Linea gotica0, in questi giorni inquieti, l’ho riascoltato eccome.
Musica dal vivo (più o meno)
Sinfonia n. 4 in Fa minore, Pëtr Il'ič Čajkovskij (Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, dirige Michael Sanderling)
In una sala del Museo centrale statale della cultura musicale, a Mosca, è conservato lo spartito autografo di una sinfonia, nata in un periodo di irrequietezza e tensione, un periodo durante il quale Pëtr Il'ič Čajkovskij confida le sue inquietudini a una donna, Nadezda von Meck. Con lei, nasce un rapporto di amicizia profonda, un sodalizio di idee (nonché del sano mecenatismo) che dura per circa tre lustri. Von Meck, a cui è dedicata quest’opera immortale, non incontra mai di persona Čajkovskij, eppure è presente in ogni sua partitura, così come in quella dedica, delicata, mai esplicita, eterna.
La Sinfonia n. 4 in Fa minore debutta nel febbraio del 1878, proprio a Mosca. In questi giorni, l’appuntamento con Čajkovskij è per venerdì 22 gennaio alle 21.00, in streaming sul sito della Verdi.
Una lettura
Il soccombente, Thomas Bernhard, traduzione di Renata Colorni (Adelphi, 2016)
A un corso del grande Vladimir Horowitz, si incontrano tre talenti: uno di questi è Glenn Gould, il pianista — e non solo, a onor del vero — canadese. Così, Il soccombente inaugura la trilogia delle arti di Bernhard, che scriverà poi di teatro e pittura, ed è un’opera magistrale: una storia di musica, amicizia, genialità, ma anche di profondi abissi e solitudine. In più, da notare lo stile: il libro fluisce infatti come un lungo e ininterrotto monologo, che accompagna il protagonista e il lettore tra ricordi e realtà.
Ecco il libro sul sito di Adelphi (al momento, sembra non sia disponibile: librai e bibliotecari, in soccorso!).
DAL BLOG
Sophie Tassignon, Mysteries Unfold è il primo disco solista
Mysteries Unfold è il primo album solista di Sophie Tassignon, che spazia nell’infinito delle potenzialità vocali e attraversa i generi, con un tema comune: le storie di donne sepolte e offuscate dall’oblio del tempo, che qui tornano a risplendere nelle polifonie maestose e nell’intreccio melodico. Il corpus di otto brani è diviso tra composizioni originali e opere di altri artisti. Per quanto riguarda questi ultimi, si passa da Guby Okayannie di Yuliy Chersanovich Kim, menestrello russo, che racconta la storia di una guerriera delle steppe, passando per Jolene di Dolly Parton e poi risalendo di nuovo al Cum Dederit di Antonio Vivaldi, dove la linea vocale si innalza a vera preghiera.
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