Da bambina, ricorda, le capitava di recitare a memoria poesie classiche insieme al padre. Il gioco era questo: l’uno avrebbe dovuto provare a finire i versi dell’altra e viceversa. Quando Chloé Zhao racconta questo frammento d’infanzia, trascorsa in Cina, è sul palco degli Oscar e stringe la statuetta vinta come miglior regista per Nomadland: è la seconda donna in quasi un secolo e la prima asiatica. In particolare, cita il primo verso di una componimento intitolato, secondo la traduzione inglese, The Three Character Classic:
People at birth are inherently good
Alla nascita, le persone sono buone per natura: Zhao rivela di crederci ancora oggi. Anzi, fa di più e dedica il premio a chi ha la fiducia, e il coraggio, di aggrapparsi a questa bontà, trovandola in sé stesso tanto quanto negli altri, sebbene possa sembrare arduo.
Qualche ora dopo la cerimonia, dalla sua casa di Houston, Andrea Bajani racconta Il libro delle case (Feltrinelli, 2021), candidato allo Strega, insieme all’editor Laura Cerutti e a Cristina Di Canio de La Scatola Lilla. Durante la lunga chiacchierata, lo scrittore fa una riflessione che sembra attingere alla stessa ispirazione della regista: «A me la fiducia piace più della speranza, è delicatissima, si sente quando arriva e quando va via; la speranza per me è solo un po’ feroce. Preferisco essere fiducioso nel futuro a sperare che qualcosa succeda, è un sentimento più bilanciato, assomiglia a un mare calmo».
Foto di Manuel Sardo da Unsplash.
Pare che avere fiducia sia un atto sovversivo, per la forza e il coraggio che presuppone, e temerario, poiché opinione e buon senso potrebbero suggerire di evitarlo; la fiducia presuppone sicurezza, fermezza, a volte persino lungimiranza. Avere fiducia è un po’ come camminare sul ciglio del baratro, senza curarsi di guardare in basso per sbirciare cosa ci sia, senza alcuna distrazione.
Scorgere questo buono — un’ostinazione simile a una condanna — forse può salvare noi stessi, prima di tutto. Perché, in base alle recenti esperienze, ci rende migliori di chi tale energia non riesce nemmeno a considerarla; perché, nonostante le ferite si palesino in diversa forma e intensità, c’è un attimo in cui tutto l’universo si allinea perfettamente: quando la risposta alla domanda «Dai, ne è valsa davvero la pena?» è, senza alcun dubbio, per coerenza e forza — le nostre, s’intende —, «Sì, ne è valsa la pena».
Beh, poi ci sono le eccezioni, ma questa è un’altra storia.
Una colonna sonora
A vent’anni dalla sua uscita, torna nelle sale In The Mood For Love, il film di Wong Kar-wai che è una pietra miliare della settima arte, lo è per chi il cinema lo fa e per chi lo ama. La sua colonna sonora oscilla tra oriente e occidente, racchiudendo in sé l’universalità del linguaggio musicale: scorrono così brani del maestro Nat King Cole, compare una gemma di Shigeru Umebayashi (in realtà, un brano già presente nel film Yumeji, di Seijun Suzuki), arriva persino la cantante e attrice Zhou Xuan, senza trascurare le composizioni di Michael Galasso, realizzate per il film. Ultima nota: il capolavoro è ispirato al romanzo Un incontro di Liu Yichang (Einaudi, 2005), tradotto da Maria Rita Masci.
Un libro
Quando Frances McDormand ha invitato tutti, tutti noi, ad andare al cinema per godersi il film, immergersi nelle immagini e lasciarsi conquistare dalla loro vastità e profondità sul grande schermo, albeggiava: gli uccellini cinguettavano e la sottoscritta era sveglia, dopo dodici ore di lavoro e preda dell’insonnia. Così, Nomadland ha assunto i contorni di una visione lisergica, di albe sconfinate, freddo del deserto, aroma di velluto delle poltrone. Tutto questo per ricordare poi una cosa: il film in questione è tratto da Nomadland - Un racconto d'inchiesta (Edizioni Clichy, 2020), opera della giornalista Jessica Bruder, con la traduzione italiana di Giada Diano.
Un articolo
Chernobyl, la colonna sonora della serie tv
Un paio d’anni fa, ho scritto della colonna sonora di Chernobyl, la serie tv prodotta da HBO e diretta da Johan Renck. In particolare, ho scritto della ricerca sonora di Hildur Ingveldardóttir Guðnadóttir, musicista eccezionale che, qualche settimana dopo e senza alcun preavviso, avrei ascoltato (e subito riconosciuto) tra le musiche del film Joker.
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