#21 - Maestro
Perché se parliamo di musica e poesia e anima, non possiamo che pensare a lui.
All’improvviso, tre parole sono deflagrate, da uno schermo del telefono alla voce, si sono fatte assenza, vuoto tangibile, hanno squarciato una breccia, divorando tutto. Si compie così la metamorfosi: l’assenza diventa ricordo, il ricordo diventa a sua volta un flusso di aneddoti, scatti, sospiri; ciascuno di noi si ritrova minuto di fronte alla grazia di chi se n’è andato, all’imponenza di quanto è rimasto.
Franco Battiato cantava che, prima o poi, le cellule e il corpo raggiungono una nuova vita, che la materia cessa di imbrigliare l’idea per trasformarsi in altro. Ricordo una vecchia intervista, un video sgranato, l’indugiare della telecamera, nel ritmo lento della televisione d’altri tempi, sui dorsi della sua biblioteca personale, dalla storia della musica di Feltrinelli ai tomi di Gramsci, da Love Story ai manuali di diritto.
Veniva da un paese di pescatori, mi raccontano; quando è arrivato a Milano, si rievoca, era considerato uno strambo, tuttavia è stato accolto da chi, in città, emarginato lo era già, nel grembo tossico dove sbocciava l’estro di Iannacci, Gaber e sodali.
In tanti hanno messo da parte il proprio sé per raccontare di lui, un artista, un intellettuale che ha corso l’avanguardia e riempito le arene, carezzato l’ascetismo e tradotto la visceralità delle emozioni terrene, ricordato alla politica lo splendore dell’ideale e alla cosa pubblica la poesia del quotidiano. Battiato sosteneva di non essere sempre d’accordo con ciò che cantava, poiché amava la complessa, sfaccettata multiforme opera della vita. Forse, proprio in questo senso, la musica è l’arte meglio in grado di afferrare l’inafferrabile e sondare l’insondabile; in questa musica fluisce la poesia, un linguaggio al tempo stesso divino e di tutti.
«È stato una luce, un faro nella notte, in un mondo spesso barbaro e di scarsa sensibilità lui rappresentava un rifugio certo, e ancora lo rappresenterà, per sempre» scrive il sempre acuto Fabio Zuffanti su Rolling Stone.
Franco Battiato in uno scatto di Luciano Viti.
Era — e sempre sarà — il Maestro, perché la sua forza va oltre i confini della materia, non si smarrisce in stantie divisioni di genere; la sua forza va oltre il suo stesso corpo, quell’apparire costantemente distante da un’età anagrafica indefinita, quel cipiglio che si dipana in un sorriso e travolge il mondo, quelle parole affilate, con la voce melliflua di chi non ha bisogno di gridare per farsi ascoltare. Il suo essere Maestro si imponeva quando lo si scopriva al fianco dei più giovani, dei talentosi esploratori di musica e linguaggio.
Tutto ciò è lì, eterna memoria racchiusa in note e parole, nascoste nei dischi meno conosciuti, cristallizzate nelle radio, incise sulle panchine.
Ieri mattina, un amico ha detto che Franco Battiato ha plasmatato il nostro immaginario, che c'è molto più Battiato di quello che immaginiamo nelle nostre teste.
È un orizzonte lontano, eppure presente.
Uno speciale
Battiato a Mister Fantasy - Musica da vedere (1981)
In questa puntata dello storico programma Rai Mister Fantasy, Franco Battiato è in Egitto, insieme al violinista Giusto Pio. La musica è quella del disco Patriots, il desiderio che spinge i due ad attraversare il Mediterraneo è la ricerca delle radici del sapere.
Lo speciale è disponibile su RaiPlay (con altre proposte interessanti).
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