Monemvasia è un villaggio incastonato nella costa laconica. Per scoprirlo, è necessario innanzitutto un elemento: solida motivazione. Il viaggio, da affrontare rigorosamente on the road, è una lunga, continua scoperta nel costeggiare la baia di Salamina, sporgersi sul canale di Corinto, fare tappa nella stazione dei bus di Sparta, sotto l’occhio vigile del Taigeto.
Le strade greche, per l’occasione, le ho attraversate con I pirati dei Caraibi di Michael Crichton nello zaino e la brama di meraviglia, lasciandomi alle spalle, con la nostalgia del saluto a una vecchia amica, Atene, una delle città che più amo e che mi accoglie ogni volta con un abbraccio, tra le rovine dei tempi che furono e di quelli che sono.
La parte moderna della cittadina è dominata da una mastodontica roccia, scaraventata in mare da un terremoto circa venticinque secoli fa e collegata alla terraferma da un lungo passaggio: attraversandolo, si raggiunge l’antico borgo bizantino. La baia, dalle acque tumultuose, nelle carte antiche è chiamata Golfo di Napoli di Romania, qui si intrecciano storie di pirati e commercianti, tradizioni veneziane e turche, la solitudine magica di una chiesa arroccata su uno strapiombo, di una montagna da scalare tra i fiori di aglio selvatico. A Monemvasia, la notte, quando i colori abbacinanti del Mediterraneo scompaiono nell’oscurità, le costellazioni sembrano precipitarti addosso, le stelle cadenti sfiorare le vecchie mura.
Su una delle vie acciottolate si affaccia una galleria d’arte, la Malva Gallery. Dal primo istante qui dentro, il mio cuore è stato calamitato da una stampa che ora è incorniciata, poggiata a un muro del salotto, osserva discreta me e chiunque entri.
Dettaglio di Orpheus, M.G. Gregoreas (1997)
È un disegno di Orfeo, tratti decisi e colori vividi, il mito che mi accompagna da una vita intera, il protagonista di anni universitari al dipartimento di Musicologia, tra compositori e librettisti presi nell’interpretazione di uno degli strazi più disperati tra le storie mai narrate. La storia di Orfeo la conosciamo, giusto?
Capita, non a tutte o a tutti, di essere Orfeo. Capita forse quando si è attaccati alla vita in modo piuttosto autarchico, quando per inseguire sentimenti, passioni, desideri si infrangono vetri, abbattono muri, affrontano prove senza curarsi di sforzi e ferite, trovandosi con svariate cicatrici addosso, ma senza rimpianti.
Sono stata Orfeo, sono stata anche Euridice e, a differenza del mito — si dice che la missione fosse un fallimento annunciato, una lotta contro l’ineluttabile —, a volte sono, siamo tornati indenni. È lì che ho realizzato quanto fosse imprescindibile trovare chi è capace di stare al nostro fianco, credere in noi. Credo che il rispetto sia la base fondante di tutto, una base su cui instillare amore, affetto, coraggio in qualunque forma. Credo che l'abbandonarsi alla fiducia sia atto di affetto e devozione massimo. Credo, infine, che se cerchi dolore, lo trovi e ne resti travolto, che ci voglia più forza per ammettere di voler guardare avanti, di non voltarsi, che dimenarsi nella propria disperazione.
Come dice la mia amica A., dovremmo essere «sufficientemente stabili da non sgretolarci alla prima critica e abbastanza umili da contemplare la possibilità di metterci in discussione, almeno ogni tanto».
Ora, non so esattamente chi sono, in questo frangente, se Orfeo o Euridice, intendo. Forse in noi alberga sempre qualcosa di entrambi. Mi piace pensare di essere piuttosto indomita, irrequieta e fiera da essere un Orfeo, colui che col suo canto e la sua lira ammansisce le belve feroci e devia il corso delle acque, che pur sapendo la sua missione non potrà mai avere un buon fine, affronta gli inferi. Poetico, vero? Chiederò alla mia psicoterapeuta.
So però una cosa: che una volta fuori di lì, tutto è travolgente, inebriante e vero. Le bruciature resteranno, ma ricorderanno che siete voi stessi e nessun altro a creare la speranza.
Vi auguro una buona estate. Viaggiate, con attenzione, riposate, state in compagnia di chi amate, in primis voi stessi. Ci risentiamo a settembre, con qualche novità.
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