Alcuni giorni fa, sono stati ricordati i 30 anni dall’inizio dell’assedio di Sarajevo, anni feroci e strazianti, durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina, anni di crudeltà a due passi da casa che, ancora oggi, hanno molto da insegnarci.
Ho ritrovato un breve pezzo, scritto in inglese dopo un viaggio di otto anni fa, l’ho tradotto ed eccolo riemergere.
Foto di Mikhail Evstafiev, 1992.
A Sarajevo impari una lezione importante:
«It’s easy to see people through stereotypes, but here in the Balkans we’re all a mix-merge. And you can elevate yourself through this exchange»
racconta Amir, che gestisce uno degli ultimi negozi (davvero) tradizionali nella Baščaršija, antico bazar e centro storico della città.
Ci sono almeno tre eventi che hanno trasformato Sarajevo in una dolorosa pietra miliare della storia: l’assassinio di Francesco Ferdinando e della moglie Sofia nel 1914, le Olimpiadi invernali del 1984 e l’assedio, iniziato nel 1992.
Qui, puoi camminare sul Ponte Latino, dove Gavrilo Princip ha sparato all’Arciduca, innescando la Prima guerra mondiale, tra le rovine olimpiche disseminate in città, come la pista da bob e slittino, ora coperta di graffiti, un monumento alla gloria dimenticata.
Di certo, ciò che più impressiona sono i resti ancora visibili dell’assedio, soprattutto se ricordi ogni immagine vista alla tv da ragazzina, quando la guerra era vicina ai confini italiani. Una testimonianza, tra le tante, sono le rose di Sarajevo: ferite causate dai colpi di mortaio e riempite di resina scarlatta, per ricordare le vite spazzate via, oppure il tunnel, oggi visitabile, che ha consentito ai rifornimenti di raggiungere la città in quegli anni.
Uno dei luoghi più toccanti è la Biblioteca nazionale e universitaria della Bosnia ed Erzegovina: ricordo Vedran Smailović suonare il violoncello tra le rovine, dopo che bombe, cecchini e un incendio avevano distrutto oltre due milioni di libri e ucciso persone, nel tentativo osceno di cancellare la memoria storica. Ora la biblioteca è stata ricostruita, riempita con un’esplosione di luce e colori, mentre nell’aria si diffondono le note di un Adagio.
Dopo aver visitato tutti questi posti e chiacchierato con la gente di qui, come Amir, dopo essere entrati in contatto con questo luogo, ciò che ti assorbe è una delle viste più struggenti del mondo intero, al tramonto, sulle colline.
Sarajevo è vita.
***
Scrivevo questo (un dispaccio ante litteram) nel 2014, mentre un bus mi portava verso Belgrado, in Serbia, tra le strade sconvolte da recenti piogge torrenziali.
Nel cuore della città, nel cortile della moschea di Gazi Husrev-beg, c’è una fontana: dicono che, se bevi la sua acqua limpida e fresca, un giorno tornerai. La cosa fondamentale è che non importa quando sarà quel giorno, perché avrai sempre Sarajevo nel cuore.
Un disco da riascoltare
Linea Gotica
Consorzio Suonatori Indipendenti (PolyGram, 1996)
Per Giovanni Lindo Ferretti, «Linea Gotica è un disco di chitarre elettrificate, perché questo è il suono del nostro tempo, per quanto detestabile possa essere questo suono e questo tempo».
Altro da aggiungere? Ben poco: la traccia di apertura, Cupe vampe, ricorda la distruzione della Biblioteca nazionale, la canzone che dà il titolo all’album cita I ventitré giorni della città di Alba di Beppe Fenoglio, Franco Battiato canta nella cover di E ti vengo a cercare. Tutto questo e tutto il resto sono storia.
Un podcast per viaggiare
Maledetta Sarajevo
Neri Pozza Podcast
Il podcast di Neri Pozza Maledetta Sarajevo, con Francesco Battistini e Marzio G. Mian (già autori del libro inchiesta), riporta ai giorni della Sarajevo assediata, tra le voci di chi ha vissuto il conflitto e musiche realizzate anche da un ensemble multietnico.
La storia di Sarajevo, di una terra dalla bellezza atroce e dalle atroci sofferenze, è in ognuno di noi: ogni giorno è il giorno giusto per ricordarla.
Maledetta Sarajevo si ascolta su Spreaker.
Bellezza estemporanea
Questa è una parete della Domus di Leda e il Cigno, vista poco tempo fa a Pompei, mentre la primavera si schiudeva in tutta la sua arroganza e sul Vesuvio ancora resisteva la neve.
Affreschi e decorazioni dai colori così vividi da sembrare irreali si sbirciano dall’esterno, tra le impalcature dei restauri.
La casa è emersa dagli scavi quattro anni fa: toglie il fiato pensare come la bellezza sia ovunque, inattesa e resistente.
Per il Dispaccio di oggi, è tutto.
Se vuoi raccontarmi un viaggio tra i Balcani o in qualche altro luogo, se hai consigli, se non dormi: scrivimi, basta rispondere alla mail.
Nel mentre, grazie.
A presto,
Samantha Colombo
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Sono Samantha Colombo, etnomusicologa di formazione, digital editor ed entusiasta delle parole per professione: scrivo, su carta e online, e aiuto le persone a esprimersi attraverso la scrittura.
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Ho un legame speciale con i Balcani e con le tradizioni musicali che sono passate di lì: ad esempio, conosci i Bektashi? Ne ho parlato durante un’intervista a Kudsi Erguner, uno dei musicisti più importanti della nostra epoca, che puoi leggere sul mio blog.
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