Una pagina con pentagrammi vuoti, nessuna nota, minime indicazioni: ecco quanto appare a un musicista quando prepara davanti a sé la partitura di 4’33’’, firmata da John Cage.
In realtà, il vuoto è solo apparente, poiché 4’33’’ è un’opera a tutti gli effetti, non uno scherzo né una provocazione: tre movimenti (di trenta secondi, due minuti e ventitré secondi, un minuto e quaranta secondi), scritti per solo o ensemble. Inoltre, le istruzioni per gli esecutori sono precise: non fare nulla. Il protagonista assoluto è solo uno, l’ambiente.
In tanti hanno sviscerato brano e ragioni di Cage e, tra tutti, il musicologo Kyle Gann ne scrive in un libro dal titolo emblematico: Il silenzio non esiste (Isbn Edizioni). La composizione musicale infatti si anima, vive dei rumori intorno, lo scricchiolio del legno, il ronzare di un insetto, il respiro stesso di artisti, ascoltatori, passanti, fantasmi. Il silenzio, per l’appunto, non esiste, dimostra Cage.
E come dargli torto? Nelle ultime settimane, così come negli scorsi mesi di isolamento, avete provato a cercare il silenzio, a stanarlo in ogni angolo della casa? Perché, per quanto mi riguarda, non è stato possibile afferrarlo, nemmeno quando era desiderato a ogni costo; veniva sconfitto da corvi, ambulanze, gocciolii. Lo stesso Cage ha avuto ispirazione in una camera anecoica, un luogo (letteralmente) privo di eco, dove provare a ricreare il silenzio assoluto. Anche qui, tuttavia, qualcosa è percepibile: lo stesso battito del cuore. Sono suoni spesso inediti, trascurati, a plasmare un’idea nuova, proporre tonalità originali, percepire ulteriori altezze, avvertire vibrazioni mai sentite.
Il suono è una forza vitale e John Cage maestro di vita: forse è giusto seguire una partitura che impone, se non di stare immobili, quantomeno di ascoltare in modo diverso ciò che ci circonda. Perché forse, in sottofondo, è possibile percepire altri suoni a cui dare maggiore importanza, poco importa se non tutti siano in grado di ascoltarli, riconoscerli, elevarli in maniera adeguata. Forse, il segreto è questo: scovare la bellezza là dove c’è un vuoto apparente. E aggrapparsi a essa con tutta la forza travolgente di cui siamo capaci.
Foto di Ricardo Gomez Angel (Unsplash)
Ascolti, un paio
Faccio un cinema, ∆ | Il Triangolo (Ghost Records)
Marco Ulcigrai e Thomas Paganini, entrambi voce e chitarra, danno vita alla band nel 2011 e da allora, con vari cambi di formazione, non hanno mai smesso di suonare. La scorsa settimana, è uscito il loro nuovo singolo, tratto dall’album Faccio un cinema: si intitola Messico e ha quelle giuste screziature anni Sessanta, un tocco di nostalgia e il passo sicuro nel presente.
Qui, l’album su Spotify.
Idiot Prayer, Nick Cave (Awal - Bad Seed)
Lo scorso luglio, Nick Cave e il suo pianoforte, nel vuoto dell’Alexandra Palace di Londra, hanno creato un miracolo: la musica si è fatta liturgia, la meraviglia compiuta. Uno dei miei più cari amici sostiene che questo live sia di una bellezza in grado di uccidere, per me è quanto di più vicino al divino possa esistere. Può un solo uomo brillare di una tale forza dirompente? Idiot Prayer, album registrato in quell’occasione (così come il film dell’intera performance), è stato trasmesso anche da Rai Radio Tre, qualche settimana fa, in una notte di luna abbagliante. A riempire la quiete e dare un senso alla veglia, sempre.
Ascolta il disco su Spotify.
Letture sparse
Capolavori, Richard Yates (minimum fax, 2020)
Ebbene, eccoci qui: Minimum Fax — dopo aver pubblicato un inedito in italiano di Richard Yates, Il vento selvaggio che passa (tradotto da Andreina Lombardi Bom) — tira fuori dal cilindro un cofanetto a lui dedicato, Capolavori. Oltre al primo romanzo, Revolutionary Road (da cui è tratto il film di Sam Mendes con Kate Winslet e Leonardo Di Caprio, per inciso), ci sono Easter Parade, Bugiardi e innamorati e Undici solitudini.
Un altro sommo tra i sommi, Kurt Vonnegut, durante un discorso in memoria di Yates ha affermato che “a differenza di Fitzgerald e Hemingway ha dovuto sopportare la condizione squallida e umiliante di essere un soldato semplice, impegnato in una guerra quotidiana per sopravvivere”. E questo quotidiano lo cesella con le sue opere che danno vita a capolavori intrisi di tensioni, ambizioni, delusioni universali.
Dai un’occhiata a Capolavori di Yates sul sito di minimum fax.
DAL BLOG
Enzo Mari, il ritorno di Falce e martello
È il 9 aprile 1973. Quel giorno, Enzo Mari mette nero su bianco un paragrafo di storia della cultura (e non solo), come sanno ben fare i grandi. E lo fa con le sue opere, inaugurando a Milano la mostra Falce e martello. Tre dei modi con cui un artista può contribuire alla lotta di classe.
Oggi, 25 novembre, ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: l’arte scende in campo.
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