#51. Rivoluzione
Una storia jazz di William P. Gottlieb, Blues e femminismo nero raccontati da Angela Davis, il pre-catastrofico stupore di Karma Clima dei Marlene Kuntz.
Ciao !
Sai, secondo Hanif Abdurraqib, chi scrive è un vascello.
Perché non proviamo a immaginare, suggerisce il poeta e critico musicale, che un testo, un componimento sia in realtà già scritto, che basti intercettare, scovare le parole per tradurlo in realtà e condividerlo? In tal senso, chi scrive è un vascello, portatore di buone nuove.
Forse è questo il segreto: non è sufficiente conoscere le regole della narrazione o avere un’idea brillante, chi scrive e vuole solcare il mare aperto, spesso tempestoso, deve affinare una sensibilità in grado di captare esigenze, emozioni, paure condivise per trasformarle in frasi, versi, racconti, canzoni. In un mondo governato dall’ego e flagellato dal caos, in un’epoca votata al giudizio e alla performance, il racconto — di finzione, di sé, di altro — non può e non deve prescindere da questa condivisione di intenti, dall’osservare oltre. Non più.
Lo ha sottolineato il Nobel ad Annie Ernaux, nelle cui opere l’esperienza di vita, l’intimità — in grado di «sconvolgere le gerarchie letterarie e sociali», come si legge nella motivazione al premio — diventano atto politico universale.
Certo, non è detto che si trovino risposte, ma con tutta probabilità arriveranno le giuste domande.
Se William P. Gottlieb racconta A Jazz Story
Quel giorno, alla fine degli anni Trenta, William P. Gottlieb acquista una macchina fotografica: il Washington Post, per cui scrive, ha deciso di non potersi più permettere un fotografo per la sua rubrica di jazz. Le sole parole non sono però sufficienti a raccontare ciò che sta accadendo.
È per questo slancio, questo desiderio di documentare con le immagini che oggi possiamo ammirare le foto di Gottlieb, foto che immortalano la Golden Age del jazz, con protagonisti come Billie Holiday ed Ella Fitzgerald, Thelonious Monk e Miles Davis, Nat King Cole e Louis Armstrong.
Nel corso della vita, Gottlieb, che è stato anche scrittore ed editore, ha vissuto ogni battito della New York del jazz, perdendosi nei suoi meandri e restando abbagliato dalle sue luci. Scrive e fotografa, oltre che per il Post, anche per riviste specializzate, come Downbeat e Record Changer; il denominatore comune degli scatti è la capacità di catturare l’essenza dei musicisti, la sensibilità vibrante nel fissare l’attimo che svela una vita intera.
Sul palco, durante i concerti, dietro le quinte o per strada: Gottlieb fotografa ovunque, immortala luoghi simbolo come il Cotton Club e le strade di Harlem. Nelle fotografie, il ritmo è sovrano, donne e uomini intraprendono una vera e propria rivoluzione che, dalla musica, si propaga nella società e, viceversa, dalla società intercetta l’urgenza di cambiare il mondo.
Visitando A Jazz Story a La Casa del Vetro di Milano, fino al 3 dicembre è possibile ammirare 60 riproduzioni di stampe d’epoca e negativi, foto scattate tra il 1938 e il 1948 da William P. Gottlieb.
Blues e femminismo nero, una narrazione necessaria
Il blues che infrange l’ordine precostituito, scardina le regole, innesca la rivoluzione; il blues che dà voce alle donne e infiamma il mondo: Angela Davis analizza parole e stili di «Ma» Rainey, Bessie Smith e Billie Holiday per spiegare come la musica sia riuscita a promuovere una coscienza di classe dapprima e sfidare l’ideologia dominante poi, intrisa di un’acuminata componente femminista.
Affondando le radici in resistenza e ribellione alla schiavitù, il blues è veicolo perfetto per rivendicare appartenenza, libertà, equità; codifica un linguaggio, di parole e gesti, in grado di fare breccia nella censura.
Le tre artiste si affrancano dalla stereotipata rappresentazione femminile nell’industria musicale, sfidandola; fanno anche dei passi in più, preannunciando la politicizzazione del proprio ruolo: la musica, e con lei il germe rivoluzionario, raggiunge i piccoli centri urbani, approda nelle case di chiunque, dando voce a chi spesso non ha nemmeno accesso all’istruzione.
Il blues ha fornito, in particolare alle donne afroamericane, una forma di espressione per l’inesprimibile, ha raccontato sesso, violenza domestica, omosessualità, conflitti con i bianchi, condizioni di lavoro estreme e così via. Intimità e politica si incrociano, nella rivendicazione di genere, identitaria e sociale.
Attivista e militante del Partito Comunista, Angela Davis è stata persino cacciata dall’università per le sue teorie. Oggi, grazie a lei, è possibile fare nuova luce sui rapporti di classe e le asperità sociali, così come sulla sessualità femminile e i rapporti di genere, sui conflitti e le aspirazioni di migliaia di donne. Inoltre, non solo i testi sono oggetto di analisi, ma anche lo stile vocale e musicale.
Di conseguenza, la lotta femminista è vista dalla prospettiva della working class afroamericana, affrancata dalla tradizionale narrazione della classe media bianca.
Tutto ciò è nel libro Blues e femminismo nero. Gertrude «Ma» Rainey, Bessie Smith e Billie Holiday di Angela Davis; traduzione di Angelica Pesarini e Marie Moïse, revisione di Pietro De Vivo, prefazione di Raffaella Baritono (Edizioni Alegre, 2022).
Karma Clima, il pre-catastrofico stupore dei Marlene Kuntz
Ai piedi del Monviso, in una serie di residenze artistiche tra le Alpi occidentali, i Marlene Kuntz schiudono l’ispirazione, danno forma a nuovo materiale. Il processo creativo è un lavoro in divenire, a contatto con l’ambiente, i suoni, le voci e le atmosfere dell’intorno, uno scambio reciproco tra artista e ambiente.
Nasce così Karma Clima, che vede Cristiano Godano e i suoi immersi in un pre-catastrofico stupore, per citare il brano Tutto tace. I versi attingono dalla realtà l’immagine disincantata del mondo, la trasformano in urgenza espressiva; parole e suoni riverberano la consapevolezza della fine imminente, impossibile da ignorare, mescolano speranza e impotenza. I Marlene danno voce alla terra e si insinuano nella coscienza, con un capolavoro.
Le parole più esaustive sul nuovo disco non arrivano da una rivista musicale, bensì da Areale, la newsletter sull’ambiente di Ferdinando Cotugno:
Tutto quello che so (e di cui spesso diffido) della musica italiana negli ultimi anni è stato stracciato dall’esistenza di qualcosa come Karma Clima, mi piace vedere come nel 2022 una band attiva da due decenni sappia ancora essere contemporanea, porsi il problema di evolvere insieme alla realtà che c’è intorno. Mi riempie di speranza vedere come Cristiano Godano e i Marlene abbiano scelto di fare una cosa tanto difficile, così poco naturale nel contesto attuale. Sono contento, perché per chi fa musica occuparsi di clima non è piantare alberi (o tanto meno organizzare assurde feste di massa in ambiente naturale). Occuparsi di clima è starci dentro, e portarci dentro il proprio pubblico, senza risposte, ma con domande nuove, parole nuove. «Nuotando nell’aria», se necessario. Il disco è bello ed è pieno, per l’appunto, di pre-catastrofico stupore.
Per il Dispaccio di oggi è tutto.
Come avrai notato, c’è una novità: da oggi, la newsletter inizia la sua avventura su Substack, dove puoi leggere tutti i Dispacci passati, commentare e mettere cuori a ciò che ti piace.
Se hai voglia di condividere le tue idee, se hai domande, consigli, se non dormi, se pensi che parole e musica possano e debbano cambiare il mondo: scrivimi.
A presto,
Samantha