#54. Max Ernst, atlanti e meraviglie
Quando Max Ernst ha inventato il primo graphic novel del XX secolo, tracciando una strada intrapresa anche dalla musica. La protagonista di Accenti è Satya Marino, con il suo Atlante delle idee.
Ciao !
Se sei tra le persone appena iscritte che si affollano nei paraggi, un saluto speciale è per te! Dopodiché, iniziamo.
Tra le prime battute del film Il prodigio (il titolo originale è The Wonder e puoi trovarlo su Netflix), ce n’è una che ho subito trascritto: «Non siamo niente senza storie».
Penso di continuo a chi cerca nuovi approcci narrativi, a chi cerca ispirazioni e spunti, una o più vie per esplorare il nuovo, per disegnare un atlante inedito.
A tal proposito, il Dispaccio di oggi racconta di Max Ernst, descritto da Man Ray come uno che «Ha ficcato un dito nell’occhio della storia e ha dato un calcio nel sedere alla pittura», prendendo spunto dalla visita alla mostra in corso a Milano; la protagonista degli Accenti è invece Satya Marino con il suo — no, non è un caso —
Dopo i molti riscontri positivi alla puntata su Kurt Vonnegut, ti ricordo che è possibile ascoltare il pezzo principale del Dispaccio, letto dalla sottoscritta.
Esplorare tra libri, tagli e visioni
Quando Valentine Gross, pittrice e illustratrice, sfoglia l’edizione del Paradise Lost di John Milton, impreziosita dai disegni di Gustave Doré, rimane di sasso: tra le pagine, ritagli grossolani e strappi lacerano la sequenza di immagini. In quei giorni, è ospite di Maria Ruspoli al castello di Vigoleno, nel piacentino, e ha un vicino di stanza illustre: Max Ernst. In effetti, ogni mattina un sinistro ticchettio proveniente dalla camera dell’artista la sveglia, ancor prima di suoni e voci della campagna.
Ben presto, i due fatti si collegano: il clicchettio è quello di una forbice che seziona minuziosamente le illustrazioni di Doré, sono 182 in tutto. Poco tempo dopo, daranno vita a Une semaine de bonté, spesso definito il primo graphic novel del XX secolo.
Nell’opera, suddivisa in cinque quaderni, le potenzialità del collage e la forma del romanzo si uniscono: l’idea di Ernst è di creare una narrazione inconsueta, scardinare le regole narrative. L’arte, per Ernst, ha infatti il dovere di fare propri mezzi non convenzionali di espressione, guardare oltre, trasformare la materia grazie a una sorta di processo alchemico.
Il romanzo grafico interessa e ossessiona Ernst da anni, ma arriva qui a compimento: diversamente dai lavori precedenti, come La femme 100 têtes, l’intreccio drammatico è suggerito al lettore dagli accostamenti delle immagini, diventando soggettivo e onirico, un’esperienza intima e irripetibile.
Pubblicata nel 1934, Une semaine de bonté è un gesto provocatorio nell’accostamento tra figure; la sessualità è l’argomento che balza agli occhi, eppure la critica sociale, nell’epoca dei regimi totalitari, si insinua in ogni linea e in ogni forma.
Tra i quaderni di Une semaine de bonté c’è in particolare il Volume V, sfogliabile sul sito del MoMA di New York. È possibile inoltre cercare un’edizione Adelphi per la libreria di casa.
Se ti va, puoi leggere l’articolo che ho dedicato a Max Ernst dopo essermi persa nelle sale della mostra di Milano, a Palazzo Reale (piccola nota: all’interno, puoi trovare L’âge d’or di Luis Buñuel, il film che lo vede protagonista).
La mostra è visitabile fino al 26 febbraio e ha uno splendido, approfondito catalogo curato da Martina Mazzotta e Jürgen Pech, edito da Electa.
Preludi e danze, la musica ispirata a Max Ernst
Secondo il compositore George Antheil, un simile trambusto non scuoteva Parigi da Le sacre du printemps di Igor Stravinskij, che di scompiglio ne aveva creato parecchio: annota così alcune impressioni sulla prima della sua opera.
Qualche tempo addietro, nella capitale francese, Max Ernst ha acquistato dei libri antichi sbirciando tra le bancarelle del lungosenna, li ha sfogliati, ritagliati, plasmati per trasformare le illustrazioni in uno dei suoi romanzi collage, La femme 100 têtes. Il gioco di specchi e rimandi inizia già dal titolo che, in lingua originale, suona sia come “La donna cento teste” sia “La donna senza testa”.
È André Breton, il poeta surrealista, a consigliare l’inserimento di alcune didascalie alle immagini, prima di scrivere di suo pugno una prefazione. Una volta terminata la stesura, sono stampate mille copie, pubblicate nel 1929, che vanno esaurite in poche settimane.
Tra i lettori c’è Antheil, per l’appunto, che una manciata di anni più tardi debutta con un’opera dedicata al libro, mantenendo lo stesso titolo: 44 preludi al pianoforte e una danza per percussioni che disorientano l’ascoltatore.
L’ispirazione mutuata da Ernst è l’energia dell’osare, dell’accostare, dell’abbandonare i vecchi canoni per costruire il nuovo, se non con la carta, con la materia musicale. La via tracciata da un artista è così luminosa da rischiarare il cammino di un altro, di tanti altri, verso orizzonti mai sfiorati con lo sguardo.
Conversazioni con chi ascolta, osserva, immagina, scrive:
Satya Marino, Atlante delle idee
Il mondo di Satya Marino è intriso di ispirazioni, libri, suoni e non può che incuriosire sin dal primo incontro. È un’esperta di comunicazione e lavora nell’ufficio stampa di un’organizzazione datoriale italiana; inoltre, legge, tantissimo, e organizza eventi con il gruppo di lettura Strategie Prenestine, a Roma. Con lei c’è Adriano, un dinosauro supereroe che ha quasi 6 anni.
Come nasce il tuo Atlante delle idee?
L’idea di un posto dove raccontare e scrivere delle cose che amo, delle storie che mi appassionano è sempre stato un mio desiderio. E un giorno di fine aprile ho chiesto a Valentina Aversano di aiutarmi a sbloccare le idee (lei ha questo potere) . E io avevo bisogno di un progetto nuovo. Alla fine ne è uscita fuori una frase:
Scrivere è comunicare.
È riuscire a definirmi.
È un atto liberatorio.
Da qui ho iniziato a definire un progetto che, per ora, comprende la newsletter e una rubrica Instagram, nella quale consiglio libri per bimb*.
Nel tuo Atlante raccogli un po’ di tutto, in special modo storie. Dove trovi l’ispirazione per ciò che scrivi e come organizzi le idee?
Da un lato archivio tutto quello che leggo e trovo interessante dal web, dalle newsletter, dai quotidiani, dai social usando le liste di Keep, o salvando i link su Pocket. Dall'altro faccio liste sul mio quaderno verde abbinando parole a persone che vorrei intervistare. Per tutto il mese sto lì a cercare di quale argomento parlare, poi di solito arriva una frase ascoltata per radio, il flash di un ricordo, una chiacchierata tra amic*, un libro letto e da lì arriva l'ispirazione per la newsletter. Apro il quaderno verde e collego i pezzi.
Quali sono gli elementi che rendono una storia interessante? E qual è la tua storia preferita, una che racconti spesso o desideri condividere?
Quello che mi incuriosisce è come nasce una storia, il meccanismo che fa scattare una passione e poi mi piacciono i ricordi, il sapore delle cose passate. Di solito mi piace raccontare storie familiari. Ho una concezione di famiglia molto allargata che comprende oltre a mio marito e mio figlio, i miei genitori, le sorelle, i nipoti, i nonni, i cugini, gli zii e anche tutte le persone che negli anni sono entrati a farne parte.
Una storia che mi piace raccontare inizia da una panchina, che si trova nel parco di Capodimonte a Napoli, posta di fronte al luogo in cui si sono conosciuti i miei nonni materni: mio nonno Vito, che a Capodimonte ci viveva perché la famiglia era alle dipendenze del re d'Italia, e mia nonna Nerina che, in quanto esule fiumana, era ospite del campo profughi.
Se la tua giornata avesse una colonna sonora, che musica sarebbe?
Sicuramente tanta tanta musica italiana, da De Gregori a Mahmood, da Venditti ad Aiello, Subsonica, Michele Bravi, Elisa, Daniele Sepe, Mina, Ornella Vanoni, Ghali, 99 Posse, Negrita. Però ci sarebbe spazio anche per The Cranberries, Suzanne Vega, Leonard Cohen, The Smashing Pumpkins.
Invece, parlando di libri, che letture consiglieresti?
Il primo consiglio di lettura è in realtà un ascolto, scoperto da poco e che davvero mi estasiato, tanto che una volta finito di ascoltare ho fatto fatica sia a riprendere in mano un libro, sia a riprendere l'ascolto di un audiolibro. La scoperta per me è stata doppia, sia per il libro, Lessico Famigliare di Natalia Ginzburg — un “classico moderno” che chi come me proviene da studi letterari avrebbe dovuto trovare nei programmi universitari, se non addirittura scolastici —, sia per l'interpretazione di un’attrice superba, quale Anna Bonaiuto, che conoscevo, ma in questo audiolibro raggiunge dei livelli davvero altissimi. Dopo l'ascolto mi sono sentita orfana di un’atmosfera unica che combina: scrittura, voce, interpretazione, musiche. Si può ascoltare gratuitamente su RaiPlay per il programma Ad Alta Voce.
Da amante del teatro non posso non consigliare un testo teatrale, si tratta di The Spank di Hanif Kureishi (Scalpendi). Divertente e amaro, si legge come se fosse un lungo, piacevole racconto. E che rapisce già dall'introduzione dell'autore. Kureishi in poche battute restituisce un’ampia riflessione sui legami, le relazioni, la quotidianità. Nelle chiacchiere da bancone, si dipana il racconto di vicende private ed intime che testimoniano l'evoluzione dei rapporti e dei legami tra due uomini di mezza età. Un farmacista e un dentista, un’amicizia di lunga data costruita su confidenze fatte davanti a un boccale di birra, nello spazio del pub The Spank, appunto.
Il mio ultimo consiglio, infine è quello di leggere poesia, qualsiasi, magari una prima di andare a dormire o prima di iniziare la giornata, l'importante è iniziare a circondarci di parole, ritmo e bellezza.
Se ti va, puoi scoprire e iscriverti a l'
di Satya Marino.Per il Dispaccio di oggi è tutto.
Se hai scoperto o ti interessano nuovi modi per raccontare storie, se hai trovato una mappa per le tue idee, se hai domande, consigli, se non dormi, se pensi che parole e musica possano e debbano cambiare il mondo: scrivimi.
A presto, con un grazie infinito.
Samantha