#73. Canarie
La musica delle isole Canarie, da Lanzarote a El Hierro, è un patto eterno tra mare, terra e cielo.
Ciao !
Eccoci qui, dopo qualche settimana di pausa. Come stai, com’è andata la tua estate? Raccontamelo, se ti va.
La mia è stata all’insegna dell’inatteso, dei porti sicuri lasciati alla volta di scoperte impreviste e nuove speranze. Tutti ottimi presupposti (anche) per ricominciare a scrivere la newsletter.
Il primo Dispaccio della nuova stagione arriva dalle Canarie: ho trascorso un po’ di tempo all’ascolto della profonda anima musicale di queste isole, un intreccio di mare, terra e cielo. Inoltre, durante il soggiorno a Tenerife, ho incontrato un paio di persone speciali: Aníbal García Llarena, esploratore dell’anima artistica canaria, e Damián Acosta González, esperto di tradizioni e virtuoso del Salto del Pastor Canario, di cui ti racconterò a breve.
Infine, per chiudere in grande stile, c’è Roberta Cavaglià con la sua newsletter, Ibérica.
Quindi, direi, salpiamo!
La musica canaria è un patto tra mare, terra e cielo
Modellate dalla furia dei vulcani, le Canarie sono custodi di antiche melodie, un patto eterno tra mare, terra e cielo.
La musica canaria racconta le onde dell’oceano, la bellezza della vita che nasce sfidando le asperità del suolo, le preghiere per le anime dei defunti; racchiude in sé tradizioni arrivate dall’Africa, dall’Europa e, ancora più lontano, dal Sud America, diventando un crogiolo di influenze. A qualche centinaio di chilometri dalle coste del Marocco, nelle Canarie è possibile scoprire una storia musicale antica e un patrimonio di strumenti, canti e danze ricco e vario.
In particolare, tre anime si fondono nella musica folklorica canaria: quella dei Guanches, gli abitanti originari delle isole; quella sbarcata dall’Europa sulle navi della conquista, ad esempio con strumenti a corda come la bandura; infine, quella del continente americano, arrivata con le influenze di paesi quali Cuba e Venezuela.
La prima tappa del percorso, la più antica e che risale alle arti dei Guanches, mostra ricchezza e varietà degli antichi strumenti arrivati ai nostri giorni e che, negli ultimi anni, sono stati riscoperti e studiati. Sono nate anche scuole dove si insegna a suonare, e persino costruire, il proprio strumento, come spiega Aníbal García Llarena, artista ed esploratore della cultura canaria.
E nel racconto ancestrale emerge il patto tra mare, terra e cielo che anima ancora oggi la musica canaria e ne ha segnato la storia.
Dal mare arrivano le lapas, popolari soprattutto a Fuerteventura e Lanzarote, una piccola percussione formata dal guscio di un mollusco: la patella. Si suonano impugnandole con una mano e picchiettando tra la base del palmo e le dita della mano opposta, in accompagnamento al timple, lo strumento a corde originario di qui.
Nel libro Licheni, un racconto sul mare e sulle isole, il poeta spagnolo Pedro García Cabrer le esalta così:
Ho fatto delle nacchere
con due patelle di mare.
Quando le maree si alzano
cominciano a suonare.
Pedro García Cabrer
È poi il legno della vegetazione che ricopre le isole a dare la possibilità di costruire una incredibile varietà di strumenti. Da El Hierro e La Gomera arrivano le chácaras, ricavate dal gelso: sono delle castagnole più grandi delle mani di chi le impugna, una scandisce il ritmo e l’altra la melodia. Ci sono anche delle versioni più piccole, le castañuelas, simili alle nacchere.
Sempre dal legno nascono poi i diversi flauti ad ancia, utilizzati soprattutto dai pastori, i flauti traversi, come il popolare pito herreño (tipico di El Hierro) e i fischietti, ispirati ai modelli usati nei distaccamenti militari.
Infine, ci sono loro: gruppi di musicisti che camminavano per i campi e tra i borghi, raccogliendo offerte per celebrare messe ai defunti, con uno sguardo al cielo e una mano sulle casse delle chiese. I Ranchos de Ánimas affondano le radici nell’antico culto pagano dei morti, rendendolo più vicino alla religione arrivata dalla península, dalla Spagna.
Portavano con sé pochi strumenti, leggeri quanto bastava per trascinarli in giro, come si vede ancora oggi nel Rancho de Ánimas de Valsequillo di Gran Canaria, forse il più conosciuto: un tamburo suonato con una bacchetta corta, una chitarra ben accordata, un tamburello con dei sonagli al suo interno.
Penso sia importante mantenere le radici culturali delle tradizioni di qualsiasi luogo del mondo, con l'eccezione di quelle che violano le libertà umane; ma, proprio per questo, penso che mantenere la cultura in un luogo come le Canarie sia ancora più importante per la natura isolata, per la capacità degli isolani di mantenere le radici della comunità e per la lotta contro la colonizzazione che ancora prevale nel nostro territorio.
Aníbal García Llarena
E poi, nel corso di un pomeriggio qualsiasi, in una piazza assolata di Santa Cruz, ti può capitare questo:
Mettere su una band e improvvisare un Tajaraste, una danza il cui nome ha origine berbera, un intreccio di tamburi, chácaras e flauti tipico di Tenerife e La Gomera.
Nota a margine: il gruppo Los Sabandeños ha inciso una canzone che si intitola Tajarajara-Tajaraste.
Tre cose
🔸 La limpidezza elettronica di Lajalada
La cantante canaria Belén Álvarez Doreste è protagonista del progetto LAJALADA, che attualmente si può ascoltare nell’album DMÑNNS (si legge demañananosé, e la grafia è un modo per accentuare la lettura come se si avessero le labbra imbronciate e ben poca voglia di parlare). Il disco è un fluire di emozioni che scorrono su variazioni elettroniche, intonato dalla sua voce limpida.
L’artista è anche impegnata in altri progetti come ARUBE, con Xerach Peñate e Alba Gil Aceytuno, e ANIBAL & LAJALADA, con Aníbal García Llarena. In particolare, è possibile intercettare quest’ultimo duo tra vari festival canari (come Boreal), intento a creare un loop live ancestrale, dove ritmi folk elettrificati confluiscono nella trance.
🔸 Le danza delle streghe di Teno Alto
Ovunque si capiti, a Tenerife risuona una musica, che sia il trillo del fringuello azzurro o l’arpeggio della chitarra di un busker in una piazza cittadina. È il racconto dell’origine del nome di un piccolo locale canario a colpirmi: la scritta sulla sua insegna, a quanto pare, si perde nel tempo e nei racconti popolari, e a che fare con delle misteriose danze.
Quando le streghe si riunivano al crocicchio di Buenavista del Norte, danzavano. Ecco perché il locale canario dove ci fermiamo per una breve sosta si chiama “Los Bailaderos”, a ricordare quelle danze in un luogo che ancora oggi sembra cristallizzato nel tempo, attraversato dalle nuvole sospinte dagli alisei.
🔸 Il richiamo del “Silbo Gomero”
C’è un antico linguaggio, nato tra le colline dell’isola di La Gomera e che trova casa tra crepacci e burroni. Questo linguaggio è in grado di cancellare le distanze, trasmettere indicazioni e informazioni anche nei territori più impervi, come spiega Damián Acosta González, che questa tradizione la fa rivivere ogni giorno: è il Silbo Gomero.
Esistono almeno un paio di storie che raccontano l’origine del “fischio gomero”: secondo una arriva dal Nordafrica con i Berberi; per l’altra è nato nel grembo della piccola isola, tra le comunità dei pastori. Un fatto è certo: da secoli, il fischio viaggia sulle pareti dei burroni, veloce e senza temere ostacoli, fregandosene dell’orografia.
Sono le posizioni delle dita, e l’aiuto di una mano che funge da amplificatore, a dar vita al fischio. I suoni con cui si articolano le parole sono molto simili tra loro, gli accenti e il contesto risultano così fondamentali per dare significato a intere frasi.
A proposito, nel mondo ci sono tanti luoghi dove si comunica attraverso i fischi, tutti accomunati da vette e precipizi (come a Kuşköy, in Turchia, o nello Yunnan, in Cina), e dalla necessità, con la parola, di superare ogni confine fisico.
Come anticipavo, Damián è anche imbattibile nel Salto del Pastor, che consiste, in sintesi, nel saltare tra i dirupi vulcanici tramite una lunga asta. Il Salto è un’antica tradizione che rinasce oggi nell’adrenalina degli appassionati.
È giornalista e copywriter freelance, parla cinque lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese) e ne sta imparando una sesta (il greco antico); per lavoro segue soprattutto vicende legate a Europa del Sud, diritti e migrazioni; avida lettrice e ascoltatrice di podcast, trova anche il tempo per fare yoga e sfrecciare sui pattini a rotelle (rigorosamente quattro, ci tiene a precisare); tra le sue ultime ossessioni ci sono il surf e La voce del padrone di Battiato: Roberta Cavaglià è una forza della natura e nella sua newsletter,
, racconta la Spagna e il Portogallo con passione e precisione, una vera e propria finestra spalancata su “l’altra penisola”, per conoscerla e riflettere sulla realtà che ci circonda.Ibérica è uno sguardo approfondito e appassionato sulla cultura "dell'altra penisola", che consente anche di riflettere su eventi e fenomeni spesso poco valorizzati dai nostri media: come nasce il progetto?
Ibérica nasce dalla mia passione per le lingue, che nel tempo si è trasformata in una passione per la cultura, la politica e la società di Spagna e Portogallo.
Come progetto, Ibérica si basa sulla convinzione che Italia, Spagna e Portogallo siano molto vicini, per geografia e cultura, e allo stesso tempo molto lontani: un po’ per colpa dello sguardo del giornalismo, che spesso è puntato altrove o concentrato solo su alcuni temi (lo sport, il turismo, la politica, ma solo in tempo di elezioni), e un po’ perché ogni società segue strade diverse.
La mia idea è che capire meglio cosa succede o è successo in questo pezzo di mondo possa aiutarci a capire qualcosa di più dell’Italia, i nostri limiti e i nostri punti di forza.
Qualche esempio: perché le politiche spagnole sui diritti delle persone della comunità LGBTQIA+ o quelle portoghesi sul consumo di droghe sono avanti anni luce rispetto alle nostre? Perché nella penisola iberica si organizzano festival musicali enormi (e con conseguenze enormi) come il Primavera Sound e il Sonar e in Italia no? Perché tanti italiani vanno a Lisbona e altri stanno iniziando ad andarsene?
Ora parliamo di musica: la tua colonna sonora ideale per descrivere Ibérica?
La colonna sonora di Ibérica è un mix di canzoni strumentali, come Entre dos aguas di Paco de Lucía, da ascoltare mentre scrivo, e di pezzi più pop da sentire in doccia o per strada mentre penso a cosa scrivere nella prossima newsletter, come le canzoni di Ana Moura, Rigoberta Bandini e C. Tangana.
Passiamo ai libri: cosa consiglieresti di tenere sul comodino per un viaggio in Spagna e Portogallo?
Donna di Porto Pim, di Antonio Tabucchi (Sellerio). Frammenti, appunti, racconti, frasi, mappe. Quel tipo di prosa molto delicata e piena di sfumature tipica di Tabucchi. Un libro che lascia una grande voglia di vedere le Azzorre e le sue balene.
Pancia d’asino, di Andrea Abreu (Ponte alle Grazie). L’amica geniale, ambientato alle Canarie. Uno sguardo sulle figlie di chi lavora negli hotel dove andiamo in vacanza.
Viaggio in Portogallo, di José Saramago (Feltrinelli): da consultare al bisogno, in base alle tappe che si fanno. È stato il mio compagno di viaggio nel Nord del Portogallo la scorsa primavera.
Le vene aperte dell’America Latina, di Eduardo Galeano (Sur). Per capire il passato coloniale spagnolo e portoghese, ancora idealizzato attraverso statue, monumenti e ricorrenze.
E ora, una nota personale: il mio romanzo Polvere e cenere, che racconta le avventure di una rockstar ante-litteram nella fumosa Londra vittoriana, ha ricevuto una menzione speciale al Premio Letterario Città di Salsomaggiore.
Secondo Valerio Varesi, critico letterario e presidente di giuria, tra le pagine: «Ci sono momenti di intensa poesia, c’è la ricerca del significato della parola, della perfezione, e una conoscenza profonda dell’io che hanno le grandi scrittrici».
Se ancora non lo conosci, puoi trovare qualche dettaglio su Polvere e cenere qui.
Il Dispaccio dalle isole Canarie si conclude qui, con alcuni ringraziamenti.
Grazie a Carlos, guida esperta alla vera essenza di Tenerife (ti consiglio di seguire la sua attività su Instagram); grazie a Viaggi e Miraggi, fonte costante di esperienze indimenticabili; e grazie a Silvia, alle compagne e ai compagni di avventura!
Ci ritroviamo tra un paio di mercoledì e nell’attesa, se ti va di raccontarmi la tua estate, se anche tu come me adori le isole, scrivimi o lascia un commento.
A presto!
Samantha
Ciao Samantha, grazie ancora per l'intervista! :)
Che bello ritrovare sia le Canarie che Roberta in un sol colpo <3