Ciao !
Come stai? Quali musiche ti accompagnano mentre ci addentriamo in un autunno strano, che scivola in tramonti da urlo e ci stringe in una morsa canicolare?
Qui tutto va bene. Sono stata a un concerto che mi ha dato modo di riscoprire, tra i tanti nomi, Violeta Parra, cantautrice e studiosa cilena che innalzava la musica a strumento di lotta sociale e politica: ti parlerò presto di lei, che ne dici?
Oggi però ci fiondiamo in Medio Oriente.
Nel Dispaccio che segue, ti racconto di come un ragazzo nato negli Stati Uniti abbia salvato un patrimonio musicale siriano sconfinato; di una casa discografica palestinese che sta diventando un punto di riferimento culturale; di un sentiero tra i monti curdi per reimmaginare il mondo.
Comporre un mosaico del tempo
La scorsa settimana, mi sono imbattuta in una frase scritta su un social da una mia collega di Università:
Ad ogni nuovo inizio… Qualche giorno fa mi sono ritrovata a chiamarlo “percorso”, oggi qualcuno lo ha chiamato “capitolo”, parlando di sé, “capitolo”. Forse si può chiamare anche orizzonte e paesaggio.
— Rita Ceresoli
Negli anni, Rita Ceresoli è diventata una di quelle splendide persone che portano l’arte nella vita di tutte e tutti, ogni giorno. Non so esattamente cosa l’abbia ispirata nelle ore trascorse tra la GAMeC di Bergamo e l’Accademia di Carrara, eppure la ringrazio per avermi fatto pensare alla musica.
La musica trae forza custodendo il passato, vivendo l’attimo presente, immaginando e costruendo il futuro. Del passato conserva la memoria e tramanda storie che non si sbriciolano così nell’oblio; nel presente è fonte di coesione, strumento per costruire la più intima persona, porta dimensionale per evadere nella fantasia; guardando al futuro, contribuisce alla costruzione e ricostruzione di un’identità, di un paesaggio, rappresenta persino una risposta alla distruzione e al male operato troppo spesso dal genere umano.
Nella sua essenza più profonda, la musica è un percorso, un inizio, un orizzonte, in grado ogni giorno di tenere viva la nostra speranza.
[...] la musica è più forte del Tempo. La musica è una macchina del Tempo, lucida come una freccia.
Maria Grazia Calandrone, Splendi come vita
Tutto ciò è ancor più vero quando pensiamo al ruolo della musica in regioni del mondo devastate da conflitti che paiono eterni: canti e melodie superano i confini dello spazio e del tempo, offrono un’alternativa, una nuova possibilità tra le macerie.
Questo fa la musica, sempre: concede un invito al confronto, un invito a mettersi in gioco, perché nulla di male può accadere, la differenza tra il prima e il dopo averla ascoltata sarà custodire una nuova esperienza.
Dalla Palestina a Londra, le rinascite sonore di Majazz Project
Passeggia per le strade di Jenin, in Palestina, immerse nel silenzio del lockdown, quando la sua attenzione è calamitata dalle serrande abbassate di Tariq Cassettes: Mo’min Swaitat ha trascorso l’adolescenza in quel negozio di musica e, sebbene viva a Londra da molti anni, non lo ha mai dimenticato.
Il proprietario Tariq non è solo un commerciante: è un profondo amante della musica, per anni ha setacciato la scena locale in cerca di nuovi suoni, registrato canti tradizionali. Swaitat lo contatta in cerca delle registrazioni di musicisti di famiglia e così, in breve, si trova sommerso da migliaia di cassette e vinili. Nella polvere e nel disordine, a prendere vita non solo solo frammenti di un album dei ricordi, bensì la storia di un intero popolo.
Tra nastri e dischi di Tariq emerge la musica rivoluzionaria palestinese, compaiono jazz, punk, registrazioni beduine. Spunta poi una cassetta con scritto a penna Intifada, registrata da un certo Riad Awwad nel 1987. Ecco la scintilla: Swaitat compra la collezione, la spedisce a Londra e, grazie a un finanziamento per le attività artistiche, fonda uno studio casalingo e ripubblica il materiale. L’esordio della neonata Mazazz Project è proprio con la cassetta perduta di Awwad, The Intifada 1987.
Oggi Swaitat non pubblica solo dischi: conduce un programma radiofonico che si chiama Palestine Sound Archive, è tassello di una comunità di artisti e appassionati che si stringono intorno a un linguaggio musicale comune.
Il sito majazzproject.com è una vera e propria esplorazione interattiva di tutto il catalogo, con immagini e approfondimenti.
Le audiocassette di musica siriana custodite in digitale
Le giornate a Oakland, in California, del giovane Mark Gergis sono costantemente scandite dalle note di musica irachena, note che risuonano tra le pareti domestiche (il padre è originario dell’Iraq) così come agli eventi di famiglia in giro per gli Stati Uniti.
Certo, la vita per un appassionato del genere non è idilliaca negli anni Novanta: la sua ossessione si scontra con una dose di razzismo in crescita, specie dalla Guerra del Golfo in poi. Viaggiare sembra essere l’unica soluzione, diventare un rabdomante sonoro la via. Così, Gergis incontra la Siria.
Nel paese la musica è ovunque, dai chioschi per strada ai locali di musica dal vivo; lui compra cassette di ogni genere, e tra le perle della collezione compaiono sia album in studio sia registrazioni di concerti. Si è anche dedicato alla musica popolare regionale shaabi e alla dabka, eseguite da artisti siriani come Sulaiman Al-Shaar e Nermin Ibrahim.
E poi? La collezione si trasforma in un tesoro digitale, che preserva nastri altrimenti perduti ed è accessibile a chiunque, da ogni parte del mondo. Visitando il sito Syrian Cassette Archives è possibile scoprire un centinaio di cassette digitalizzate, ci sono anche interviste ad artisti e discografici.
Una scintilla di curiosità, la voglia di scoperta, un archivio pubblico che tiene in vita la storia musicale della Siria: ecco come superare i confini spaziotemporali.
La Valle della Musica nel cuore del Kurdistan
In Medio Oriente si snodano cammini che attraversano una galassia di piccole comunità, dal sentiero del Sinai in Egitto a quello di Wadi Rum in Giordania: seguendo esperte guide locali, è possibile camminare per zone raramente visitate, incontrare persone, vivere tradizioni. Dagli antichi percorsi per il pascolo, passando per templi bizantini, e con un numero inesatto di mine inesplose a ricordare i conflitti recenti, la storia diventa materia viva.
Succede seguendo il sentiero dei monti Zagros, che attraversa il Kurdistan iracheno per oltre duecento chilometri, la cui idea è nata nel 2016 e ha preso forma qualche anno più tardi. Il sentiero attraversa decine di comunità, ciascuna in grado di offrire alloggi e guide appassionate, un modo per aprirsi verso il mondo di una regione sconosciuta ai più, un turismo che fa della lentezza e dell’immersione nella cultura il suo gioiello.
Il sentiero dei monti Zagros si snoda attraverso una moltitudine di paesaggi, compresi dei passi alti fino a 2000 metri, e ripercorre una tradizione nomade che si perde nella memoria e nei secoli. Attraversa anche la Valle della Musica, vicino a Shaqlawa, dove si procede nella natura ascoltando i canti vocali di una tradizione antica, un modo per reimmaginare un luogo, guardare oltre i conflitti che lo hanno per anni ferito, dare forma a un mondo nuovo.
Il Dispaccio di oggi finisce qui.
Prima di salutarci, ti lascio un consiglio di lettura: la scorsa domenica è scomparso lo scrittore siriano Khaled Khalifa, se non hai mai letto il suo Elogio dell’odio (Bompiani), o pensi di rileggerlo, te lo consiglio.
Ci ritroviamo, come al solito, tra un paio di mercoledì; mentre inizio già ad abbozzare la prossima newsletter, se ti va di scrivermi puoi rispondere a questa mail, oppure lasciare un commento: mi farebbe piacere, davvero.
A presto, stai bene.
Samantha