#77. Verso nord
Un viaggio tra psichedelia tribale, spiriti dell'acqua e biblioteche del futuro.
Ciao !
Come stai?
Sai, negli ultimi giorni mi sono venute in mente varie leggende. Dalle mie parti ce ne sono molte legate alle anime di chi non è più su questa terra, storie nate tra le nebbie della brughiera e le cui origini si perdono nel tempo. La mia preferita riguarda un lume donato dai vivi ai fantasmi che, dopo il crepuscolo, hanno smarrito la via: è una storia di conforto, di universi che si sfiorano e sostengono, di comprensione e strade ritrovate. Non trovi possa essere una bella metafora, in un mondo che sembra crollare sotto il peso delle proprie ipocrisie? Per me lo è.
In questo Dispaccio faremo rotta verso nord ascoltando la psichedelia tribale di una band svedese, i Goat; incontreremo una misteriosa creatura (e il suo violino) protagonista della mitologia scandinava; visiteremo una biblioteca finlandese che guarda al futuro.
C’è anche un’ospite speciale, e ne sono davvero lieta perché è stata la mia guida in uno dei viaggi della vita, in Islanda: è Marica di Ti Porto a Nord.
Il privilegio del silenzio e il frastuono della tragedia
Il silenzio è un privilegio. Un privilegio che non tutti possono concedersi in un mondo dove dominano urla e frastuono; è una merce rara.
Una cosa che ricordo dell’Islanda è la profondità del silenzio. In particolare, ricordo un tramonto lungo la Örlygshafnarvegur, la strada che attraversa la penisola Vestfirðir per raggiungere Látrabjarg, la punta più occidentale dell’isola e dell’intera Europa. Non il sibilo del vento né i passi attutiti dal Racomitrium lanuginosum, il muschio che ricopre le distese di lava: un vuoto da respirare a pieni polmoni e da cui rimanere abbagliati.
In quei momenti, si è avvolti e protetti dal silenzio, si ha la sensazione di sfiorare, allo stesso tempo, la nostra fragilità e la bellezza eterna. I pochi istanti di armonia, in cui ultimamente provo a rifugiarmi nel ricordo, sono quanto di più distante dalle notizie delle ultime settimane.
Per inciso, il silenzio è anche un atto di indulgenza verso noi stessi, la possibilità di spegnere gli smartphone e allontanarci da zuffe mediatiche per tutelare la nostra salute mentale, pur avendo cura, punto per me focale, di non isolarci da quanto accade intorno.
Le immagini e i video che arrivano da Gaza sono strazianti. Le esplosioni continue, il sibilo dei missili, le sirene delle ambulanze, le urla di aiuto, i pianti: sono i volti di un rumore assordante che non lascia spazio al silenzio, che infligge il proprio strazio.
È un rumore che genera paura, dolore e morte. È un rumore che distrugge vite e speranze e soverchia ogni cosa. Riesci a immaginarlo? Hai ascoltato dei racconti di chi ha vissuto una situazione simile? Sono oltre ogni fantasia, perché non dovrebbero nemmeno esistere.
Non c’è nessun riparo, né fisico né mentale: il silenzio diventa un rifugio ambito, un luogo sicuro dove poter trovare pace e tranquillità, tuttavia negato.
Se vuoi un’esperienza di pace, fa’ che l'altro sia in pace, e se vuoi sentirti al sicuro, fa’ che l’altro si senta al sicuro.
Michelle Cohen Corasanti, Come il vento tra i mandorli
Il silenzio è un lusso, un dono che dobbiamo custodire e proteggere, da riempire con fiducia, speranza, memoria; è anche una responsabilità: siamo responsabili del rumore che produciamo e dello spazio vuoto che ritagliamo; delle parole dette e di quelle taciute. Il silenzio è anche una speranza, la speranza di un mondo più pacifico e più giusto, dove tutti possano vivere in armonia.
(Il libro di Michelle Cohen Corasanti che ho citato è edito da Feltrinelli, ed è stato tradotto da Alice Pizzoli).
La psichedelia tribale dei Goat
Ti piacerebbe abitare a Korpilombolo? È un ameno paesino al nord della Svezia, a pochi passi dal confine finlandese, abitato da cinquecento anime, più o meno, e affacciato su un delizioso laghetto. Non ho idea di come possa svolgersi la vita qui, ma so che la musica è arrivata grazie al progetto elettronico Skymning e ai Goat.
Nessuno sa chi siano realmente, a dirla tutta nessuno sa nemmeno se siano effettivamente di Korpilombolo. Compaiono in scena indossando maschere africane, veneziane, zoomorfe, misteriose; la loro musica affonda le radici nel rock psichedelico degli anni Sessanta e Settanta, sorretto da una trama percussiva ipnotica. In un articolo per il Guardian, Kate Mossman ha coniato la definizione di dervisci psichedelici inghirlandati, che trasformano ogni concerto in un rituale primordiale.
Dopo essersi presa una lunga pausa, la band è tornata in scena con l’album O’Death lo scorso anno per, a quanto pare, rimettersi in marcia. Il nuovo disco, Medicine, è uscito da un paio di settimane, preceduto dal singolo Unemployment Office.
E io spero davvero di andare a un loro concerto.
Il Fossegrim, lo spirito dell’acqua che suona il violino
Se ti capita di passeggiare lungo un ruscello in una foresta scandinava, potresti ascoltare il suono di un violino, una melodia ammaliante che ti attirerà come un canto di sirena.
Le note sono suonate dal Fossegrim, lo spirito dell’acqua che vive nelle cascate e nei fiumi di Svezia e Norvegia imbracciando il suo violino dell’Hardanger, uno strumento tradizionale. È un essere gentile e generoso, che ama la musica e desidera condividerla con chi incontra; viene descritto come un uomo elegante o una figura spigolosa, a seconda delle testimonianze di chi lo ha incontrato.
Se suoni o ti piacerebbe imparare a farlo, il Fossegrim può essere un maestro prezioso, dato che è un violinista di eccezionale talento e può insegnarti tutto ciò che sa. Ma attenzione: è un essere esigente. Per imparare da lui, dovrai superare una prova — oltre a portare del cibo — che consiste nel suonare il violino per una notte intera. Se riuscirai, il Fossegrim ti riconoscerà come studente e insegnerà tutto ciò che sa.
Dovrai suonare per ore, senza sosta, anche quando la stanchezza ti intorpidirà le dita. Ma se sarai perseverante, riceverai come ricompensa un talento musicale straordinario.
Al termine della prova, sarai infatti in grado di suonare il violino come il tuo maestro, e potrai creare melodie che faranno innamorare chiunque le ascolti.
Quindi, non dimenticarti di portare un violino con te la prossima volta che capiterai in una foresta norvegese o svedese. Potresti avere la fortuna di incontrare il Fossegrim e di imparare a suonare come lui.
La biblioteca del futuro è un luogo d’incontro
Quando si arriva lì davanti, la sua imponenza toglie il fiato: un edificio di tre piani, rivestito in legno di abete finlandese, che custodisce al suo interno luoghi incredibili per sedersi, ma anche sdraiarsi, a leggere un libro, guardare un film, scolpire il legno e intraprendere decine di altre attività. Ha anche ospitato dei concerti della filarmonica di Helsinki, laboratori musicali per bambini e altri eventi artistici e culturali.
Insomma, Oodi non è solo una biblioteca, bensì uno spazio pubblico nato in Finlandia per essere un luogo di incontro e di apprendimento per persone di ogni età. Dalla sua inaugurazione, nel 2018, dimostra che le biblioteche possono ancora essere luoghi vivaci e vitali, suggerendo alcuni consigli: essere spazi inclusivi e accessibili a chiunque, flessibili e adattabili ai cambiamenti, in evoluzione con la società; inoltre, e forse questo è l’obiettivo più ambizioso, è importante coinvolgere i cittadini e le cittadine nella progettazione e nella gestione.
Oodi è un modello per il futuro, una biblioteca aspirazionale. È un luogo che invita le persone a imparare, creare e connettersi; dimostra che le biblioteche sono, ed è giusto che rivendichino tale identità, molto più che semplici depositi di libri.
«Viaggio perché ho bisogno di cambiare idea e di non sentirmi a casa».
Si presenta così Marica, volto e anima di Ti Porto A Nord, nonché la persona alla guida del gruppo con cui ho attraversato l’Islanda on the road.
Prende il suo primo aereo a venticinque anni per partecipare a un congresso a Catania, un mese dopo, zaino in spalla e guida alla mano, è nel Borneo Malese. Marica da quel viaggio non ha più smesso: ha esplorato il Sud Est Asiatico, suo primo amore, un po’ di Africa, il Centro America, più volte l’India, l’Australia. «In Tanzania ho anche avuto la fortuna di vivere una delle esperienze più incredibili della mia vita» aggiunge, «lavorare come volontaria in un ospedale».
E vedeste come le brillano gli occhi, quando è in viaggio, soprattutto nelle terre del nord. «Nel 2018 ho scoperto l’Artico ed è stato amore a prima vista. E dal profondo nord è nato tutto il mio progetto de Ti Porto a Nord».
Ah, part time è anche una prof di Chimica all’Università.
Hai uno sguardo unico, approfondito e appassionato sui territori del nord e sull’Artico, che spesso appaiono un po’ ostili: qual è la loro magia e ci sono dei luoghi che più ti hanno conquistato?
Diciamo che amo le conquiste, le imprese e di contro mi annoiano le cose semplici, già pronte (a parte le cene!). E se penso ad una delle cose che più mi ricorda la noia, subito salta in mente un viaggio o una vacanza su una spiaggia, in infradito a non fare nulla per ore… aiuto! Quindi, da qui il mio amore per le terre “ostili”, che sia un paese lontano e quindi molto diverso dal mio, dove devo imparare tutto e tutto è una sorpresa, o una strada molto sterrata, da percorrere per ore nel nulla, senza segnale telefonico, o i paesi artici, dove vi invito a uscire in infradito! L’Artico, soprattutto d’inverno, va rispettato e sono necessari diversi accorgimenti per sopravvivere! È questa la sua meraviglia.
Sempre difficile rispondere alla domanda sul luogo che più mi ha conquistato: direi le isole Svalbard, perché remote, perché diverse da tutto, perché senza strade e ricoperte di ghiaccio per il 70%!
Come si viaggia con Ti Porto a Nord?
Viaggio in modo consapevole, con profondo rispetto e ammirazione per la cultura locale, lasciandomi sorprendere da essa.
Preferisco la casetta in legno all’hotel cinque stelle, il pranzo liofilizzato davanti a un ghiacciaio a quello comfort seduta in una hall.
Amo i luoghi che la guida non ti consiglia. E amo esplorare i luoghi lentamente e a fondo, avendo il tempo di conoscere le persone, parte integrante del viaggio.
Ora parliamo di musica: la tua colonna sonora ideale per un viaggio?
Dipende, non riesco a incanalare quasi nulla della mia vita o personalità. In viaggio con i miei Artici ho sfoderato playlist assurde, dalla trash italiana all’hard metal al punk rock (confermo, ndS), fino a trovarci a cantare a squarciagola, per le strade innevate della Lapponia in inverno, «Vieni a ballare in Puglia Puglia Puglia!».
E invece, parlando di letture, quali consiglieresti per viaggiare ogni giorno, anche con la fantasia?
Due libri su tutto: Dark star safari. Dal Cairo a Città del Capo via terra di Paul Theroux (traduzione di Fenisia Giannini, Baldini Castoldi Dalai) – il libro del viaggiatore vero – e La strada di Cormac McCarthy (traduzione di Martina Testa, Einaudi).
Ti invito a scoprire i viaggi (e poi a partire!) a nord e in Artico di Marica su Instagram, sul canale Telegram e sul sito di Ti Porto a Nord.
Il Dispaccio di oggi finisce qui, ma prima di salutarci vorrei consigliarti tre letture:
su La Svolta, Lucca Attanasio ricorda che Anche la cultura può mediare, evidenziando il valore diplomatico dell’arte e della musica;
nella sua newsletter
, descrive come Aggrapparsi al presente (e cita il mio Dispaccio sul dialogo e la speranza, cosa per cui le sono molto grata);se non lo hai mai letto, ti consiglio Un dettaglio minore di Adania Shibli, con la traduzione di Monica Ruocco (La Nave di Teseo).
Ci ritroviamo, come al solito, tra un paio di mercoledì; se ti va di scrivermi puoi rispondere a questa mail, oppure lasciare un commento: raccontami dei tuoi silenzi, delle musiche che stai intercettando, di cosa possiamo fare per cambiare il mondo.
A presto, stai bene.
Samantha
Il profondo nord (che non ho mai visitato), il mito, musicisti dall'identità nascosta, le biblioteche come spazi di azione delle persone: quante cose che mi risuonano dentro questa puntata!
grazie! ♥️