#78. Visioni
Osservare la realtà da prospettive inedite. Tra sirene, ombre e antiche regine.
La realtà è un caleidoscopio in cui ogni sguardo può scorgere qualcosa di nuovo. È un universo in continua evoluzione, che ci sfida a scrutare oltre le apparenze, a scovare la bellezza nascosta, a trovare il significato più profondo. Inoltre, la diversità delle prospettive ci arricchisce, ci permette di vedere le cose da punti di vista diversi, di crescere ed evolverci.
Ogni giorno, la realtà si presenta a noi in modo diverso, offrendo nuove opportunità, ponendo interrogativi e spingendoci a riflettere.
Come possiamo osservarla al meglio? Come possiamo coglierne tutta l’incredibile ricchezza?
Ciao !
Come stai? Qui, soprattutto nelle ultime settimane, si è parlato molto di quanti modi esistono per osservare la realtà che ci circonda.
Nel Dispaccio di oggi — una visione del mondo attraverso la prospettiva del fantastico — risuona il canto delle Sirene del duo Tiresia; aleggiano le Reincarnations of Shadows dell’artista vietnamita Thao Nguyen Phan; arriva l’eco di un’antica danza dello Sri Lanka, legata alla regina demone Kuweni.
C’è anche un ospite, che sono davvero grata sia passato di qui: è
Oscillare tra le prospettive
Qualche tempo fa,
appuntava nella sua la definizione di due concetti spesso confusi tra loro: fiabesco e fantastico.Il fiabesco è un universo meraviglioso che si affianca al mondo reale senza sconvolgerlo e senza distruggerne la coerenza. Il fantastico invece rivela uno scandalo, una lacerazione, un’irruzione insolita, quasi insopportabile del mondo reale.
Roger Caillois, Dalla fiaba alla fantascienza
Il fiabesco è un mondo che scorre parallelo al nostro, senza contraddirlo, intriso di magia, meraviglia e possibilità infinite; è uno spazio dove sognare, evadere dalla realtà quotidiana, persino immaginare un mondo migliore.
Quando ci imbattiamo nel fantastico, la nostra percezione della realtà viene invece sconvolta. Emergono contraddizioni, incoerenze, persino orrore; ci scontriamo con domande senza risposta, che ci fanno riflettere sulla natura del reale.
Ed è questo il punto: entrambi sono uno strumento di comprensione del presente.
Da un lato, abbiamo un universo di meraviglia e possibilità infinite, che possono aiutarci a vedere il mondo con occhi nuovi, a scovare la bellezza nelle cose più semplici, a fare un balzo dall’immaginazione alla costruzione, per arrivare a un futuro migliore. Insomma, un esercizio da non sottovalutare.
Tra contraddizioni e incoerenze, dall’altro lato, abbiamo invece il potere di mettere in discussione le nostre certezze, di sfidare una prospettiva diversa. Il fantastico, insomma, può persino aiutarci a capire che il mondo non è sempre come lo vediamo.
Hai mai letto le Cronache marziane di Ray Bradbury? Si tratta di ventotto racconti incentrati sull’esplorazione e la colonizzazione di Marte (e più passa il tempo, più il confine tra finzione e realtà si fa sottile): negli ultimi anni, in molti hanno ricordato come la lettura di una simile opera sia urgente nell’ottica del rispetto per il pianeta in cui viviamo, per condurre un’esistenza il più possibile consapevole e rispettosa tanto della terra quanto dei nostri simili.
Abbiamo bisogno del fiabesco e del fantastico? Abbiamo bisogno di ascoltare e raccontare favole, di perderci in un mondo fantascientifico? La risposta per me è ovvia: certo che sì. Abbiamo bisogno di entrambi per mantenere vive immaginazione e creatività, per guardare intorno a noi con occhi attenti e liberi da pregiudizi, per accogliere ciò che è dissimile dalla personale esperienza.
[Il fantastico] è dunque costituito da una sorta di compromesso tra una concezione razionale della realtà e il sospetto che la ragione non basti a spiegare tutti i fenomeni.
Il soprannaturale letterario, Francesco Orlando
Leggi fiabe e racconti fantastici, cimentati in laboratori che mettono la fantasia al primo posto, cammina accarezzando l’idea che una dimensione altra scorra accanto a te, rendendo la tua vita più piena.
In un mondo sempre più razionale e materialista, il fiabesco e il fantastico sono più importanti che mai: ci aiutano a mantenere viva la nostra anima, a credere in un futuro migliore.
(I due libri citati sono Dalla fiaba alla fantascienza di Roger Caillois, tradotto da Paolo Repetti, Edizioni Theoria; e Il soprannaturale letterario di Francesco Orlando, Einaudi).
Le insondabili profondità delle Sirene dei Tiresia
Dopo l’esordio con Estatico nel 2019, il duo composto da Bruno Dorella (Ovo, Ronin, Sigillum S) e Stefano Ghittoni (The Dining Rooms, Le Petit) torna a scardinare ogni convenzione di genere con Sirene.
Affidarsi alla perizia dei due vuol dire lasciarsi condurre in un territorio sonoro in bilico tra l’inesplorato e l’immaginario, dove elettronica, shoegaze, musica concreta, tradizione popolare e frammenti di mille altre suggestioni si fondono. Manipolazioni analogiche e registrazioni sul campo si intrecciano con campionamenti e pratiche elettroniche, plasmando una materia nuova, una sorta di minimalismo psichedelico tiepido e avvolgente.
All’interno di Sirene, sei brani raccontano altrettante storie, fluttuando tra suoni elettroacustici, delicati fruscii, limpidi arpeggi, sospiri e pulsazioni dal sapore primordiale. La complessità delle linee ritmiche e melodiche dà forma a un paesaggio sonoro palpitante, affollato di creature viventi e spettri i cui canti ammaliano.
Sogno e realtà si inseguono e confondono, illuminando le profondità di un mondo nuovo. Tiresia, il veggente, ci indica la via mentre ci muoviamo in un oscuro abisso sonoro che, alla fine del viaggio, ci vedrà cambiati: non una discesa agli inferi, bensì la scoperta di nuovi e incredibili tesori.
Puoi ascoltare Sirene di Tiresia su Bandcamp.
Tra ombre e reincarnazioni insieme a Thao Nguyen Phan
Pittura, video e scultura si contaminano nell’opera di Thao Nguyen Phan, che con l’impalpabilità della poesia e atmosfere oniriche ripercorre la storia del suo paese, il Vietnam, intrecciando memoria, cambiamenti ambientali e rivoluzioni sociali. Reincarnations of Shadows è la sua prima mostra personale italiana, ricca di nuove opere.
Penso che le storie popolari, le storie orali o semplicemente le narrazioni della vita quotidiana contengano un livello più alto di verità. Anche se sono piene di fantasie, sono narrazioni nella coscienza collettiva di generazioni di persone, a differenza delle storie ufficiali che spesso sono di pochi eletti.
Thao Nguyen Phan
La sensibilità di Phan intercetta simboli e gesti tramandati con un sussurro, schiacciati dal colonialismo prima, dalle sue conseguenze oggi. Così l’artista si interroga sulla possibilità di reincarnazione, un tema ricorrente che compare grazie a topos visivi e sonori, fino a trasformare gli spazi di Hangar Bicocca in un universo a sé, una galassia dove i piani temporali si intersecano e le narrazioni si intrecciano, dove memoria personale e collettiva si nutrono a vicenda.
Tutti i sensi sono chiamati a intraprendere questo viaggio, soffermandosi sulla lucentezza delle sete, il fruscio di fusti di juta sospesi, le immagini dei video. Tra le nuove produzioni, compare poi Reincarnations of Shadows (moving-image-poem), da cui la mostra prende il nome: una’avvolgente riflessione sulla catarsi attraverso l’arte.
Reincarnations of Shadows è visitabile negli spazi di Pirelli Hangar Bicocca, a Milano, fino al 14 gennaio 2024.
La danza rituale di una regina demone dello Sri Lanka
La quiete del crepuscolo, nelle giungle dello Sri Lanka centrale, è scossa dal rombo dei tamburi. Seguendo il suono, è possibile scorgere ballerini dai ricchi costumi, che danzano volteggiando tra nastri scarlatti. L’oscurità è illuminata dalle candele fissate nei gusci di noci di cocco, l’aria è gonfia dell’odore di incenso al gelsomino: ecco la danza kohomba yak kankariya, che inizia lontano nel tempo, con la leggenda della regina demone Kuweni.
È possibile assistere a questo ballo soprattutto in aprile, quando gli abitanti delle regioni interne dell’isola organizzano il rituale per prevenire e curare le malattie, cercando la benevolenza del mondo soprannaturale.
Narra la leggenda che Kuweni sia nata nel VI secolo a.C. da un re yakka, un sovrano demone che governava lo Sri Lanka. Tradita e abbandonata da un amato principe, lancia una tremenda maledizione.
Oggi, nei villaggi, i sacerdoti popolari eseguono la danza rituale quando le piccole comunità sono afflitte da malattie, come è avvenuto ad esempio durante la pandemia di Covid, per invocare la fertilità o semplicemente per tenere viva una tradizione antica, tramandando passi e gesti di generazione in generazione.
In Sri Lanka il folklore racconta decine e decine di storie di demoni, il complesso sistema buddista ha altrettanti rituali per proteggersi da loro. Ogni canto e ogni danza rappresentano una chiave per comprendere l’incomprensibile, per affrontare la malattia e la morte, per entrare in contatto con una dimensione altra.
Nota a margine: negli ultimi anni, Kuweni è entrata nella cultura pop, diventando protagonista di canzoni e serie tv.
«Ho scoperto che fare diverse cose (più che decentemente, dicono, io sono molto severo con me stesso e mi par di non saper far bene niente) viene definito essere multipotenziali. Non so se sia un modo gentile per dire che so fare tante cose decorosamente e nessuna bene e preferisco continuare a non saperlo».
Insomma,
è un portento: in origine architetto, è anche co-fondatore ed editor di Runlovers, sito web e comunità punto di riferimento del running in Italia. Insegna anche Design dei Servizi a Bologna, è fotografo, illustratore, podcaster e autore: insomma, per dirle con le sue parole: «Ho diversi cappelli o, per riassumere, dovrei dire che diversifico molto».Ci sono diversi aspetti che incantano della tua newsletter: la profondità del tuo approccio, la varietà delle ispirazioni, il calore nello scrivere. Cosa rappresenta per te la scrittura?
La scrittura, specie quella personale che riservo a Il Pensiero Lungo, rappresenta una forma di conoscenza. In questo caso non scrivo per comunicare ma per scoprire.
Naturalmente, una volta che ha preso la forma di un testo, il mio pensiero diventa comunicazione ma in primo luogo la scrittura è un processo di disvelamento che porta la mente a illuminare le idee e a trasformarle in parole. Per farlo deve averle capite. Non si può scrivere ciò che non si ha chiaro in mente. Una volta lessi che si può parlare senza avere le idee chiare ma è impossibile scrivere senza averle. O una cosa del genere.
Non so mai cosa finirò a scrivere. Parto da un tema attorno al quale ho ragionato durante la settimana ma all'inizio non so davvero dove andrò a finire. Magari ho in testa le prime parole, e non è detto che siano nemmeno quelle che sceglierò di usare ma so che partirò da lì. Dove arriverò non lo so. Scrivo in una sorta di flusso di coscienza. Non edito molto, a parte gli errori, le ripetizioni e i periodi un po' troppo involuti. L'editing mi serve ad asciugare il testo eppure credo che quando è spontaneo sia più sincero e anche più piacevole da leggere.
La linguista Vera Gheno parla del piacere fisico che prova ogni volta che trova la parola giusta. La capisco: mi capita di provarlo quando sto scrivendo qualcosa di un po’ complesso in cui il discorso avanza su percorsi paralleli. In quei momenti mi sembra di essere un giocoliere che tiene diverse palle in aria, cercando di non farne cadere nessuna. Poi c'è quel momento in cui inizia a raccoglierne una alla volta per poi chiudere il numero prendendo al volo le ultime. In quel momento — se riesco a portare a conclusione tutti i ragionamenti — è come se avessi completato il mio numero e provo piacere. Quindi scrivo per scoprire cosa penso e per provare piacere.
Ora parliamo di musica: la tua colonna sonora ideale?
Questa è facile, anche perché è una mia ossessione: Bach, in particolare le Partite, il Clavicembalo ben temperato, L’Arte della fuga, le Variazioni Goldberg, le Passioni e i concerti per violino. Tutto Bach direi. Ha qualcosa di architettonico, nel senso che costruisce cattedrali sonore con una statica e una ragione matematica precisissime, eppure resta sempre enigmatico. Mi pare di ritornarci sempre come a chiedergli «Scusa, quella cosa che avevi detto, com'era esattamente? Me la puoi ripetere?» e poi me ne vado per rifletterci. Direi che ho un rapporto molto personale con Bach, anche se lui non lo sa.
Ma non voglio fare torto a Mozart, Beethoven, Schubert, Brahms e agli altri monumenti della Classica. Direi che la mia colonna sonora è classica, pur amando moltissimo anche il jazz, il rock, l'elettronica e il pop. Non suono alcuno strumento, non so nemmeno leggere la musica ma mi prendo l'arbitrio di dire che diffido di chi non ama la classica, perché tutti i musicisti che amano la musica finiscono per suonarla. Quella e il jazz, ovviamente.
Certi amici musicisti mi odieranno ma alla fine credo che mi daranno ragione. E poi non sono musicista quindi posso dirlo, al più non mi prenderanno sul serio.
E invece parlando di letture, quali consiglieresti per avere uno sguardo sempre attento sul mondo?
Non riesco a indicare degli autori o autrici in particolare, perché me ne scorderei di certo qualcuno o qualcuna. Allora dirò solo che oscillo fra due tipi di letture.
Divido le mie letture cartacee (a indicare i libri, anche se molti ne leggo in formato elettronico) nelle due famiglie classiche: romanzi/racconti e saggi. Non leggo poesia e me ne spiaccio, pur amandola ogni volta che mi capita di leggerne qualcuna. Dicevo: romanzi e saggi. In questo mi pare che gli anglosassoni abbiano una tassonomia ineccepibile: fiction e non-fiction. Perfetto.
Allora: i saggi mi spiegano come si possono capire il mondo e l'umanità, mentre i romanzi mi spiegano che il mondo e l'umanità non si possono mai capire davvero.
Quindi direi che cerco risposte ma alla fine trovo più interessante pormi domande; i saggi danno risposte e i romanzi pongono domande.
Non è detto che ci sia dialogo fra le due forme così come non è detto che ci debbano essere risposte a certe domande. Se capissimo tutto non sarebbe più divertente, non avremmo più niente da capire. Quindi è meglio imparare a convivere con la fatica del non poter capire tutto, per arrivare ad accettarlo. Ma qui entriamo nel dominio della meditazione che è un altro gigantesco capitolo, e non mi pare il caso di affrontarlo, anche perché ho già rubato troppe righe. E no: la sintesi la devo ancora imparare (e pensare che Il Pensiero Lungo in origine doveva essere composto solo da brevi riflessioni. Ne rido ancora).
Ti invito a scoprire Il Pensiero Lungo, la newsletter di Martino Pietropoli: è un toccasana.
Ehi, c'è un appuntamento da segnare in agenda!
Martedì 28 novembre presenterò il romanzo di Elisa Pavan, Sugar Pop (Morellini Editore): una storia che scorre a ritmo di musica, tanto da avere una bella playlist.
Se ti va, ci vediamo allo Spazio Labò, in viale Zara 9 a Milano, intorno alle 19.00 (qui l'evento Facebook): ci sarai?
Il Dispaccio di oggi finisce qui.
Ti lascio consigliandoti la lettura di Ciò che è morto, da
Ci ritroviamo, come al solito, tra un paio di mercoledì; se ti va di scrivermi, di raccontarmi come stai, puoi rispondere a questa mail, oppure lasciare un commento.
A presto, stai bene.
Samantha
Grazie infinite Samantha! È stato molto bello rispondere alle tue domande, grazie!
Grazie Samantha, che grande gioia stare dentro a questa ricchissimo Dispaccio!
Fiabesco e fantastico sono promesse dell'altrove, e senza saremmo esseri incompleti.
Ray Bradbury era davvero un gigante.