#111. L'Orchestra del Mare
Gli strumenti che nascono dalle barche dei migranti, in carcere
C’è una storia che inizia tra le barche delle persone migranti e la liuteria di un carcere, in dialogo con Arnoldo Mosca Mondadori.
Ciao !
È trascorso del tempo da quando ho raccontato del Violino del Mare e la giornata di oggi, a due anni dal terribile naufragio di Cutro, è l’occasione per tornare a riflettere sul presente e sul mondo che ci circonda, grazie a un progetto di profonda umanità.
Il canto dei migranti che dobbiamo ascoltare
La storia non si annuncia, ti piomba addosso senza preavviso.
È una notte d’inverno quando le prime notizie si diffondono: c’è stato un naufragio, l’ennesimo. E terribile. Quando il cielo alabastrino annuncia l’alba, la geografia della tragedia si fa più precisa: un generico Mar Ionio, poi Crotone, in seguito l’attenzione si sposta qualche chilometro a sud.
In un celebre discorso, Eleanor Roosevelt ha sostenuto che i diritti umani universali nascono «In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che non possono essere visti su nessuna mappa». Fino alle prime ore del 26 febbraio 2023, Steccato di Cutro è un paese di pescatori affacciato sul Mediterraneo. Oggi il suo nome evoca la tragedia di un caicco salpato dalla Turchia con centinaia di migranti stipati tra le sue assi, naufragato nella tempesta, su una banchina di sabbia a poche decine di metri dalla spiaggia.1
Sono tante le località delle coste italiane — soprattutto in Calabria, Puglia e Sicilia — dove la legge del mare, il rispetto e la pietà si scontrano con l’interesse economico, la politica, le relazioni internazionali e lo sfruttamento criminale.
L’unica cosa a cui riesco a pensare, al netto dei dati, delle dichiarazioni e delle inchieste, sono le vite inghiottite dalle acque, come se nessuna delle troppe storie di migrazione, ciascuna con la sua eco mediatica, non avesse insegnato niente, soffocando in una colpevole indifferenza.
Se avesse una voce, o meglio, se provassimo ad ascoltare, cosa ci racconterebbe il mare?
Sull’isola di Lampedusa
Le persone che conosco, e che sono approdate sull’isola per i motivi più diversi, si soffermano sempre a descrivere la Porta di Lampedusa: un’opera imponente, costruita da Mimmo Paladino e visibile dal mare. Non si tratta di un monumento, piuttosto di un segnale, un saluto scintillante in ferro e ceramica in grado di unire chi è a terra e chi sta arrivando, il punto d’incontro tra accoglienza e speranza, disperazione e salvezza.
Durante una lunga chiacchierata, anche Arnoldo Mosca Mondadori torna a Lampedusa, sul Molo Favaloro. Mentre descrive le imbarcazioni precarie, lo scalpiccio di donne, uomini e bambini, la sento nascere e insinuarsi lì, tra le frasi: è l’inquietudine. Solo per una fortuita coincidenza, un azzardo, il caso, non ci siamo noi su quelle barche, non ci sono le persone a noi care. Perché non ci sono io, lì? Perché non c’è mia figlia, mio figlio?
Su quel molo, tra le barche abbandonate come spettri, inizia però una storia, lontano dalle cronache, in grado di trasformare l’inquietudine in speranza. Grazie alla musica.
Sono le barche a raccontare la storia
Milano, dieci anni prima del naufragio di Cutro. È una sera d’aprile del 2013 quando, nella Sala Verdi del Conservatorio, si tiene un concerto speciale: c’è Franco Battiato, ci sono nomi altisonanti della musica accompagnati da sessanta giovani elementi, provenienti da tutto il mondo.
«Qella sera, ho percepito la forza della musica arrivare a tutti in modo indistinto, che fossero credenti o non credenti, di destra o di sinistra. A un certo punto, le persone si dimenticavano ogni divisione, perché erano prese dalle emozioni, dalla bellezza»
A esibirsi è l’Orchestra dei Popoli, un progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, di cui Mosca Mondadori è tutt’oggi presidente. Diversi strumenti sono costruiti nella falegnameria del carcere di Opera, grazie al lavoro di alcune persone detenute insieme al liutaio Enrico Allorto.

Il ricordo potente del concerto innesca una scintilla nella mente di Mosca Mondadori che, alcuni anni dopo, chiede all’allora ministro Luciana Lamorgese di poter recuperare il legno delle barche abbandonate a Lampedusa e consegnarlo al laboratorio del carcere.
«Mi venne l’idea di fare un'Orchestra del Mare, cioè un'orchestra che potesse dar voce ai migranti, a coloro che fuggono, e che potesse arrivare a tutti, in modo indistinto»
Il primo strumento a vedere la luce è un violino, e le barche “suonano”, letteralmente, liberando come per un incantesimo la loro voce unica. La tecnica costruttiva, spiegano nella liuteria, è quella con cui si costruivano le viole da gamba nell’Inghilterra del Cinquecento, in grado di conferire al suono un calore inedito. Persino violoncellisti come Mario Brunello e Giovanni Sollima hanno notato qualcosa di particolare, una tenerezza, un misterioso elemento che punta dritto all’umanità, in grado di sgorgare da questi strumenti.
«Ascoltando quel suono, quella musica, ho visto con i miei occhi persone che la pensano diversamente da me commuoversi. La musica, di fatto, arriva nell’animo», testimonia Mosca Mondadori.
Lo “Spaccabarche” e la sua Metamorfosi
Quando sono arrivate nel milanese un centinaio di imbarcazioni, di ogni tipo, si è posto un problema: chi le avrebbe smontate per ricavare i pezzi di legno? E non sono arrivate vuote, bensì con il carico esistenziale di ogni singola persona trasportata: scarpe, biberon, documenti.
Ha iniziato così scrivere, Andrea, la persona detenuta cui è stato affidato il compito di recuperare il legno. Ne è nato un monologo, Lo Spaccabarche, dove il protagonista dialoga con due di esse. Il messaggio è limpido: “Come queste due barche si sono trasformate, diventando un violino, è possibile che anche io, persona detenuta, possa trasformarmi in un’altra creatura”. Ecco allora la sintesi, una Metamorfosi, che poi è anche il nome del progetto della Casa dello Spirito e delle Arti in cui nascono gli strumenti dell’Orchestra del Mare.
La povertà di desiderio
E chi non ha occasione di stringere tra le mani uno di quei pezzi di legno, è forse destinato a voltare le spalle a tante storie? Del resto, l’indifferenza è ormai padrona della quotidianità.
«Siamo anestetizzati emotivamente perché noi, me compreso, spesso ci dimentichiamo di andare fisicamente dove c'è l'umanità», osserva Mosca Mondadori. Togliendo ogni retorica, siamo anestetizzati da una realtà drammatica, che ha cancellato l’essenzialità della vita.
«Il sistema consumistico porta con sé una povertà ben più insidiosa di quella materiale, che è la povertà del desiderio: diventiamo poveri di speranza. Se perdiamo i sogni, perdiamo i desideri profondi e regna l’egoismo, da cui non può nascere niente di nuovo»
Chi desidera, oggi, è mosso così tanto dalla speranza da rischiare ogni cosa, compresa la vita; e spesso arriva da luoghi di cui dimentichiamo l’esistenza e ignoriamo ogni informazione. Tuttavia, osserva Mosca Mondadori: «Ci arricchiamo ogni volta che prendiamo contatto con la luce di chi desidera, di chi sogna, di chi mostra una ricchezza infinita di desiderio».
Oltre all’indifferenza, è impossibile ignorare le dosi massive di odio generalizzato: verso le persone migranti, le persone straniere — non importa se arrivate nel paese in modo regolare o clandestino, se nate o residenti in Italia da una vita —, le persone con disabilità psichica o fisica, le persone in un regime di carcerazione, le persone anziane e la lista potrebbe continuare. Si creano delle categorie che ricordano in modo raggelante le parole di Martin Niemöller in Prima vennero…:2 ciascuna categoria viene additata, scartata perché considerata inutile o ancor peggio dannosa, annichilita.
«Lo straniero per me è Cristo, il carcerato è Cristo: da cristiano devo affermarlo e non è un tema su cui né il governo — che cristiano si professa — né la società civile può tirarsi indietro. Non si possono creare alibi di nessun tipo», puntualizza Mosca Mondadori.
Tornando al tema delle carceri, intrecciato all’attualità e al progetto Metamorfosi, Mosca Mondadori racconta: «Nelle carceri, ho conosciuto tanti ragazzi che si sono ritrovati in Italia in clandestinità e senza alcun riferimento. Basterebbe pochissimo per aiutarli. Basterebbe un’associazione di riferimento, basterebbe dimostrare alla persona che è accolta e circondata da una rete. Che non è sola».
Ogni giorno, la Fondazione e tante piccole realtà cercano di proporre modelli che possano portare a una politica più umana, a una convivenza possibile, con tutte le difficoltà quotidiane.
C’è anche un altro punto da considerare, e conduce direttamente all’Articolo 27 della Costituzione, che cita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
E qui arriva la storia di Luigi (il nome è di fantasia, nda). Picchiato in carcere, in uno stato di profonda depressione, ha iniziato a intagliare degli oggetti di legno, dei cavallini, qualche trottola. Giorno dopo giorno, i suoi muscoli si sono sciolti, ha riaccolto la fiducia, e oggi costruisce violini senza la guida di un insegnante. Ha ottenuto il permesso di tornare a vivere a casa e lavora in una liuteria.
«L'altro giorno mi ha chiamato, ho sentito la sua voce e in sottofondo quella di un bambino: ho provato una delle gioie più grandi: sentire che era tornato alla sua vita», racconta Mosca Mondadori.
«Ci dimentichiamo, in un Occidente stanco, che la gioia più grande per l'essere umano è una sola: vedere l’altro felice, sentire la gioia dell’altro, non la soddisfazione nostra; è un atto egoistico sublime, perché veramente non c’è niente di più bello che vedere l’altrui rifiorire»
Tutto inizia con un violino
Così, dal talento di Luigi, e di persone che come lui lavorano ogni giorno nelle liuterie, nascono gli strumenti dell’Orchestra del Mare, che sono poi prestati a musiciste e musicisti di talento. Tra loro, ad esempio, il maestro Riccardo Muti, che li ha portati a Lampedusa, dove tutto è cominciato, e lì ha diretto lo Stabat Mater di Giovanni Sollima.
L’Orchestra nasce con uno strumento, come accennato, un violino per cui Nicola Piovani scrive Il canto del legno. Tra le prime persone a imbracciarlo ce n’è una in particolare, e non si tratta di un musicista: è Papa Francesco. Dopo poche settimane, c’è già un violoncello pronto, un altro violino, una viola in costruzione, e il progetto si è fatto così tangibile.
Il debutto ufficiale avviene però alla Scala, dove l’Orchestra del Mare è suonata dall’Accademia dell’Annunciata, con le improvvisazioni di Brunello e Sollima, ad accompagnare Paolo Rumiz nella lettura di La memoria del legno. «La cosa più bella in assoluto è stata la possibilità, per chi lavora nella liuteria del carcere, di sedere nel palco reale e ascoltare i loro violini suonare».
Gli artisti che hanno preso parte al progetto sono decine, e a breve sarà pronta anche una chitarra elettrica per Vasco Rossi, realizzata in una liuteria di Napoli dove si costruiscono anche mandolini, mandole, mandoloncelli, ossia tutta la tradizione degli strumenti del Mediterraneo, che entrano a pieno titolo nell’Orchestra del Mare.
E poi ci sono le scuole, dall’infanzia all’adolescenza, dove parlare, confrontarsi, qualche volta suonare. «Quando i ragazzi cominciano a esprimere quello che sentono, suonando o ascoltando uno strumento, è commovente. Se arriva ai bambini, vuol dire che arriva tutti».
Tra qualche mese, inoltre, gli strumenti attraverseranno di nuovo il mare, questa volta l’Oceano Atlantico. «Il 23 ottobre andremo nel carcere di Sing Sing, dove c'è una persona detenuta che è anche musicista, suona il violoncello. È un compositore e, quando ha saputo del concerto alla Scala, ha scritto delle musiche per l’Orchestra», anticipa Mosca Mondadori. «Da Lampedusa al carcere di Opera, poi Napoli e infine New York (citando idealmente anche il film di Gabriele Salvatores, nda) l’idea è che quel giorno, quando suoneranno queste musiche, parleremo a tutte le persone migranti, in un paese come gli Stati Uniti dove il tema è più che mai attuale».
Il rispetto dei diritti umani nasce nelle nostre case, in luoghi vicino a noi e di cui nessuno sembra interessarsi, osservava Eleanor Roosevelt quasi settant’anni fa, come in un villaggio di pescatori sulla costa ionica o nella falegnameria di un carcere. È nelle nostre mani, nel nostro impegno a compiere piccoli passi, ogni giorno, iniziando dal sentiero vicino a casa fino a intraprendere un cammino globale.
Così un frammento scartato di legno, con il suo enorme carico di memoria, può unire tante persone in apparenza diverse tra loro, e trasformarsi in un atto tangibile di speranza.
Puoi approfondire l’Orchestra del Mare e il Progetto Metamorfosi tra le iniziative della Casa dello Spirito e delle Arti.
La storia dell’Orchestra del Mare, insieme alla musica che nasce da ogni singolo strumento, può aiutarci a riflettere in un momento storico davvero critico. E tu, cosa ne pensi del progetto Metamorfosi?
Stai bene, e grazie per essere qui.
Samantha
Annalisa Camilli, Un anno dopo Cutro l’accoglienza è stata smantellata, in “Internazionale”, 2025.
Martin Niemöller, Prima vennero…, in “Wikipedia”.
Bellissimo racconto. Terribile ma commovente. Grazie
Grazie per aver condiviso la storia di questo splendido progetto.