Cosa accade quando, in un villaggio nel cuore della Serbia, tradizioni musicali e sperimentazioni sonore danno vita a una colonia artistica?
Ciao !
Ho frequentato diversi festival nella mia vita, ciascuno a suo modo speciale; tuttavia non ero ancora arrivata a Šutci dove, da cinque anni, il Polja Festival dà vita a un prodigio musicale e umano.
Un’esperienza sonora (e umana) senza generi né confini
La musica inizia al tramonto tra accordi limpidi e sonorità diafane, per inoltrarsi nella notte inseguendo beat mesmerici, senza generi né confini. Nel cuore della Serbia, tra prati e foreste, al Polja Festival si intrecciano note folk e sperimentazioni sonore, dando vita a una piccola, estemporanea comunità.
Per arrivare a Polja è bene fare attenzione: è un cancello che si apre accanto a da due cippi — memoriali che segnano le tombe di soldati caduti nella Prima guerra mondiale — a indicare la meta. Da lì, si procede verso l’ingresso al giardino di una casa solitaria: varcata questa soglia la musica, il profumo del pane nel forno e della griglia, gli abbracci, avvolgono chiunque arrivi.
Alla sua quinta edizione, Polja ti accoglie con un palco in legno in armonia con il paesaggio intorno, e una vista che abbraccia l’incanto delle colline e dei boschi della Šumadija — regione il cui nome deriva, appunto, da “šuma”, “foresta” in serbo.
Più che un festival, Polja è una vera e propria “colonia musicale”, come viene definita da chi l’ha creata, persone provenienti dal mondo dell’arte e dell’attivismo culturale. Dietro le quinte di Polja, insieme ai volontari e alle volontarie, c’è un gruppo che vuole reimmaginare il suono secondo nuovi stili e prospettive, e lo fa tornando alle proprie radici, nel villaggio di Šutci, a un’ora e mezza di auto da Belgrado.






Il festival colpisce infatti per il legame profondo con un territorio dove i segni dello spopolamento sono evidenti, ma la volontà di infondere nuova vita a una zona rurale, incoraggiando il dialogo tra tradizione folklorica, sonorità sperimentali ed elettronica, è intensa. La comunità è del resto protagonista, ad esempio con il coinvolgimento di produttori locali, l’ospitalità sul territorio, la proposta di workshop, quest’anno persino con i primi banchetti di opere artigianali che compaiono tra le amache.
Siamo in poche persone a parlare italiano, da queste parti ascolti il serbo-croato, il russo1 — soprattutto tra i calici del wine bar Proces, rinomato nella capitale — e spunta anche un po’ di francese. L’atmosfera intima non deve però ingannare, in quanto Polja fa parte di un circuito internazionale: il festival è inserito nella piattaforma europea Shape, un circuito artistico che premia l’innovazione.
E internazionali sono le musiciste e i musicisti che si alternano sul palco e che, con voci e stili diversi, danno vita a una costellazione da ammirare e scoprire, e in cui perdersi.
Partecipare a Polja è certo condividere un’esperienza di ascolto e ricerca musicale, ma forse è soprattutto immergersi nella vita di una comunità dove sentirsi, per qualche giorno, a casa.
Un festival è di per sé sinonimo di incontro e scoperta, ritualità e festa; vivere tre giorni a Polja è diventare scintilla in un microcosmo rigenerante.
E poi la musica, per inciso, è davvero eccellente.
Cinque artisti che hanno stregato Polja
In tre giorni sono numerose le realtà che hanno incantato Polja, così ho sfidato me stessa scegliendone cinque, tutte diverse tra loro, che mi sono rimaste nel cuore.
Igor Božanić & Pavle Popov
Ascolto per la prima volta la voce di Božanić e penso che i Radiohead abbiano incontrato la Sevdah per creare pura meraviglia.
Azu Tiwaline & Cinna Peyghamy
Tombak ed elettronica dialogano e si fondono in un sodalizio che infrange i confini dello spaziotempo.
Lukas De Clerck
Recupera la tradizione dell’aulos, l’antico strumento a fiato greco, e la fa sua, proiettando chi lo ascolta in un universo ancestrale.
Enrico Malatesta
La ricerca sonora di Enrico Malatesta eleva le percussioni a una nuova dimensione, e le sue performance sono magia distillata.
André Pahl
La selezione di André Pahl ha sete di scoperta, cattura e imbriglia chi ascolta ipnotizzando tra variazioni ritmiche e melodiche.
Che ne pensi, ti piacerebbe scoprire un festival come Polja? Per me è stata un’esperienza unica nel suo genere, e un ringraziamento particolare va a Bane, Bojan ed Eugenio.
Nel frattempo, ho scritto per Vanity Fair un articolo su Cosa vedere in Serbia (oltre Belgrado) per un viaggio sorprendente, se sei in cerca d’ispirazione per una meta futura; su Wired puoi invece trovare i miei reportage sulle proteste studentesche, ancora in corso nel paese.
I Dispacci si prendono una pausa nell’attesa della nuova stagione, ma non smetteranno di raccontarti la musica: nelle prossime settimane, dalla fine di luglio e per tutto il mese di agosto, torneranno le cartoline sonore, gli speciali estivi!
Intanto, a presto e stai bene!
Samantha
Secondo un rapporto della Reuters di settembre 2024, che cita i dati del ministero degli Interni, dall’inizio della guerra in Ucraina sono oltre 30.000 le persone con cittadinanza russa che si sono registrate per la residenza temporanea in Serbia tra il febbraio 2022 e la metà del 2023. Tuttavia, i media internazionali suggeriscono che il reale numero di presenze sia molto più alto, intorno alle 300.000, la maggioranza concentrata tra Belgrado e Novi Sad.
Grazie anche per queste scoperte, Samantha. Ma che duo grandioso è Azu Tiwaline & Cinna Peyghamy!