#93. Intervista ai FusaiFusa
Strumenti tradizionali, tocchi di elettronica, spiritualità: nel disco Lamana dei FusaiFusa «ogni artista è la voce del popolo».
L’interesse e la curiosità per il mosaico di culture del mondo passa anche attraverso la scoperta delle tante espressioni musicali che lo compongono. Ascoltare i FusaiFusa è intraprendere un viaggio sonoro, che affonda le radici nelle tradizioni mediorientali e nordafricane per abbracciare la sperimentazione elettronica, nel nome di un’espressività senza confini, di un’armonia che dovrebbe essere lezione suprema in una realtà segnata da incomprensioni e conflitti.
Così, dopo l’intervista a Urna Chahar-Tugchi, i Dispacci intercettano proprio loro.
La musica dei FusaiFusa è un inno alla libertà
La voce della band bolognese, che abbraccia le tradizioni curdo-siriane e tunisine, arriva nitida e diretta ad abbracciare le differenze per trasformarle in armonia, una lezione di stile e di vita perché «ogni artista è la voce del popolo».
Una musica speciale la distingui da un paio di fattori: provoca emozioni e pensieri che lasciano il segno; nasce dalla condivisione di idee ed esperienze, e le favorisce. Entrambi gli elementi risuonano in Lamana, il primo disco dei FusaiFusa, la band bolognese che nasce dalle tradizioni curde e tunisine per guardare al futuro.
Il compositore e polistrumentista curdo-siriano Ashti Abdo, il percussionista e producer elettronico tunisino Taha Ennouri e il cantante e autore di musica Sufi, anch’egli tunisino, Ali Belazi esordiscono così, con un album nato nella scena vivace del Locomotiv Club di Bologna, che oscilla tra l’orgoglio delle rispettive identità musicali e l’abilità nell’esplorare nuovi orizzonti, in un disco inno alla libertà d’espressione e alla ricchezza della contaminazione culturale.
È proprio Belazi — che nel disco suona anche saz, duduk e varie percussioni — a raccontarmi in una lunga chiacchierata il viaggio sonoro di Lamana e, da autore di musica Sufi, ricorda il Maestro che ha gettato un ponte tra il cantautorato italiano e la spiritualità in musica: Franco Battiato.
Il tutto in attesa della data dei FusaiFusa all’Arci Bellezza di Milano, il 22 maggio, in apertura al concerto di Alessio Bondì.
Iniziamo da Lamana, il titolo del vostro disco e anche di una canzone: come nasce?
Ali Belazi — Ci siamo incontrati per la prima volta due anni fa, al concorso del Locomotiv; Ashti, Taha e io abbiamo fatto qualche prova insieme, poi abbiamo partecipato all’evento e vinto. Così è iniziato il nostro percorso musicale, che è continuato registrando insieme e conoscendoci musicalmente, poco alla volta, fino a che è nato l’album Lamana.
E come è stato far convivere anime musicali diverse? Avete delle formazioni musicali molto varie.
Ali Belazi — Esatto, il batterista Taha Ennouri e io siamo tunisini, Ashti è curdo-siriano; tutti teniamo molto alle nostre radici e alle nostre tradizioni culturali, ognuno lotta per la sua identità musicale e insieme riusciamo a creare questa fusion. Dall’inizio è andato tutto benissimo, non saprei dirti come, forse perché ci siamo incontrati spiritualmente, è una cosa inspiegabile. Non c’è stata nessuna difficoltà riguardo la musica o gli arrangiamenti, anzi non facciamo nemmeno tante prove e quando ci incontriamo ci sentiamo bene.
È stupendo ciò che dici, e conferma che la musica sia un linguaggio universale, che unisce. Secondo te, che ruolo ha nel mondo di oggi?
Ali Belazi — Sì, come hai detto è un linguaggio universale.
Speriamo che la nostra musica possa unire le persone, abbattere le barriere culturali. Non sono molto bravo politicamente, però so che posso mandare messaggi positivi tramite la mia musica.
La musica nasce prima della lingua, è immediata, la puoi capire se sei asiatico, africano eccetera.
Credo che il messaggio di speranza arrivi molto chiaro, e a tal proposito mi ha colpito molto la prima traccia del disco, Exodus.
Ali Belazi — Il brano Exodus è stato proprio il sogno musicale di Ashti, che ha avuto una visione magica. Ha iniziato a cucinarlo, dopo ci siamo messi noi in mezzo, abbiamo aggiunto le spezie del deserto, ma è la sua ispirazione. E comunque è un viaggio per noi, la partenza di una persona per fare il suo percorso di vita, di musica, di lotta contro le cose negative, contro qualsiasi cosa brutta.
E tu invece hai una canzone a cui tieni particolarmente?
Ali Belazi — Direi Lamana.
Lamana è un messaggio artistico, parla della voce collettiva degli artisti che si deve alzare, perché sono la voce del popolo.
L’ho vissuta quando l'abbiamo composta, ed è la prima che abbiamo creato Taha e io: non avevamo nessun pezzo da proporre al Locomotiv per la registrazione del disco, quindi abbiamo deciso di iniziare a comporre qualche brano.
Ci sono la nostra parte percussiva, le nostre influenze di folklore del Nordafrica, il tocco di Ashti, la parte elettronica. Sai, nella mia mente voglio capire che effetto fa la nostra musica al pubblico e aspetto sempre la risposta, cosa fa sentire a chi ci ascolta.
Torniamo appunto alle tradizioni, quanto è importante farle conoscere, tramandarle e renderle attuali?
Ali Belazi — La vedo una cosa bella e importante. Se trasmetti, se fai conoscere questa cosa bella che è la musica, che hai appreso dai nonni e dai genitori, dalla tua identità, è utilissimo. A me fa molto piacere portarla avanti e poi, anche musicalmente, qui nel mondo europeo, può nascere qualcosa di bello dalla contaminazione.
A questo proposito, nel disco ci sono anche tantissimi strumenti tradizionali.
Ali Belazi — Abbiamo suonato molti strumenti tradizionali: percussioni come il bendir, il tamburo a cornice nordafricano, la bandura tunisina, i qraqeb in metallo, che ricoprivano anche le catene degli schiavi (si ascoltano in Exodus, nda) e portano un messaggio forte, il tembûr curdo e il duduk.
Tranne il basso e la parte elettronica, teniamo molto a usare percussioni tradizionali; personalmente ci tengo davvero tanto e mi piacerebbe portare avanti gli strumenti che suono da quando ero bambino.
Abbiamo parlato delle vostre musiche, poi a un certo punto appare Franco Battiato…
Ali Belazi — Praticamente sono il suo fan numero uno in Africa! (ride, nda) L’ho conosciuto dodici anni fa tramite Internet, non ho avuto occasione di incontrarlo di persona, ma secondo me ci siamo conosciuti spiritualmente. Ascoltavo la sua musica perché era molto influenzato dal sufismo e dalla spiritualità, e io ero proprio affogato in quell’ambito musicale. Poi ho scoperto che ha dato un contributo importante anche a pop ed elettronica, quindi sarà sempre il mio maestro. L’ombra della luce è una preghiera, una preghiera di tutte le religioni e anche di chi non è religioso, una canzone molto bella che abbiamo tradotto in arabo, e che Battiato stesso ha cantato in arabo.
Non voglio portarla nell’ambito della religione, ma è una preghiera per qualsiasi persona nel mondo che vuole pregare qualcosa.
Ultima domanda: qual è il ricordo sonoro più prezioso che hai?
Ali Belazi — I qraqeb mi portano all’epoca degli schiavi, è davvero una trance; e le nostre percussioni in generale mi portano ovunque, nel deserto, al mare, mi lasciano anche a Bologna, perché no.
Il Dispaccio di oggi si conclude qui: le musiche di Lamana a me hanno fatto tornare voglia di viaggiare, di scoprire nuove sonorità. Conoscevi già i FusaiFusa oppure l’hai scoperta leggendo queste righe? Farai un salto al Bellezza per il concerto?
Raccontamelo!
A presto.
Samantha
Ciao, trovato video del concerto al Locomotiv.
https://www.lepida.tv/video/viralissima-reprise-fusaifusa
Grazie e buona domenica
Non li conoscevo, e ancora una volta riesci a svelare un paesaggio musicale che in fondo già contenevo senza saperlo.