#98. Baraye
Gli inni delle proteste iraniane; la pièce teatrale "Le mie tre sorelle", il brano degli Eugenio in Via Di Gioia e Willie Peyote feat. Toomaj, un po' di elettronica.
La sua speranza è riposta nel popolo che continua a resistere e disobbedire; boicottare le urne in Iran è un segno di protesta. Durante il Wired Next Fest di Milano, intervistata da Adamà Faye, Pegah Moshir Pour è stata ferma e limpida. Dissidenti e attivisti hanno lanciato appelli per boicottare il voto, come aperta denuncia contro la violenza e le falsità del regime.1
Ciao !
Per tenere il nostro sguardo attento su ciò che accade in un paese in lotta, oggi i Dispacci arrivano dall’Iran.
Si comincia raccontando il valore della musica durante le proteste nelle piazze iraniane. Ci sono poi lo spettacolo teatrale Le mie tre sorelle, la nuova canzone di Eugenio in Via Di Gioia e Willie Peyote con la presenza del rapper Toomaj Salehi e una compilation elettronica persiana al femminile da riascoltare.
Al ritmo della rivoluzione
Sono passati quasi due anni dalla morte di Mahsa Amini e il canto Zan, Zendegi, Azadi (la cui traduzione è “Donna, Vita, Libertà”) ha attraversato le strade dell'Iran e del mondo, risuonando nelle nostre orecchie e nei nostri cuori. La folla sostenuta da una musica che ispira, incoraggia e consola.
Dal settembre 2022 sono state composte numerose canzoni di protesta, a dispetto della repressione e della paura. In queste opere, musicisti e musiciste, tanto in patria quanto in esilio, infondono rabbia, tristezza, dolore e solidarietà, commemorando le vittime e invocando un’insurrezione per il rispetto dei diritti di donne e uomini dell’Iran.
Scritta dal giovane cantante Shervin Hajipour, Baraye è diventata rapidamente l’inno del movimento di protesta iraniano. Il titolo significa sia “Per” che “Perché” in farsi e il testo è tratto dai tweet dei manifestanti che spiegano le loro ragioni per scendere in piazza, a pochi giorni dalla morte di Amini. Ha vinto il premio come miglior canzone per il cambiamento sociale ai Grammy Awards del 2023, e in Italia ha inchiodato nei salotti i milioni di telespettatori di Sanremo, grazie all’attivista Pegah Moshir Pour che l’ha portata sul palco del festival.
Un altro inno emblematico è Roosarito. Mehdi Yarrahi sostiene il diritto delle donne iraniane al velo facoltativo e ricorda i sacrifici fatti dal popolo per raggiungere libertà e democrazia. Prima della sua pubblicazione, un’altra canzone dell’artista, Soroode Zan (“Inno della donna”), è stata cantata durante le proteste in tutto il Paese.
Arrestato e condannato a morte per la sua canzone Faal, “Indovino”, il rapper Toomaj Salehi è inviso alle autorità per i suoi testi critici nei confronti del sistema. 2 Attualmente incarcerato, ha subito abusi e torture che lo hanno quasi accecato da un occhio. 3
Il rap è la voce della nuova generazione, una voce gridata a ritmo nelle piazze, come accade con le canzoni di Hichkas.
Non si contano artiste e artisti che hanno alzato la voce contro il regime e che hanno perso la propria libertà. Per capire il ruolo cruciale della musica nelle attuali proteste iraniane, bisogna considerare gli sviluppi storici e politici del paese.4
Senza risalire troppo indietro nel tempo, basta una data: la Rivoluzione islamica del 1979, quando una fatwa dell'ayatollah Khomeini ha esteso forti restrizioni a tutta la musica, di ogni tipo.
Gli effetti sono devastanti: le scuole di musica sono chiuse; alle porte di club e sale da concerto sono apposti i sigilli; orchestre e band sono sciolte; la programmazione musicale è cancellata dai palinsesti radiofonici e televisivi; musiciste e musicisti perdono la loro professione, e spesso l’unica via di fuga è l’esilio. Persino mostrare uno strumento in pubblico è punibile per legge, e ovviamente alle donne è vietato cantare, suonare e danzare.
Nel 1980, con l'inizio della guerra contro l’Iraq, i canti rivoluzionari e di guerra sono legittimati, usati per unire e mobilitare la società verso la vittoria. Dopo otto anni di conflitto e un milione di vite perse, il governo usa nuovamente la musica per risollevare gli animi.
Inizia così una nuova era per l’industria musicale iraniana, focalizzata sulla tradizione persiana, ma accade qualcosa di ben più rilevante, un fenomeno che ricorderò per sempre raccontato nei miei anni universitari, tra i banchi del corso di Antropologia culturale.
Cominciano ad apparire sul mercato nero iraniano album provenienti dall’estero, con la musica di star iraniane in esilio, ma anche di stelle internazionali rock, pop e jazz. Il governo dichiara l'ascolto di tale musica un reato punibile, tuttavia il controllo non riesce a stare al passo della tecnologia, che consente dapprima la duplicazione digitale e, in seguito, l’accesso ai servizi di streaming.
Oggi, la produzione e l’esecuzione di musica in Iran sono sottoposte a severi controlli dall’Autorità di censura, che vieta qualsiasi critica al regime, così come contenuti politici ed erotici. Fare musica per strada o ascoltarla in macchina sono atti di resistenza e ribellione. Nonostante gli sforzi del regime, il desiderio di espressione artistica continua a trovare soluzioni creative di fronte alla repressione, anche se, come accennato prima, artiste e artisti sono costrette a scegliere la strada dell’esilio.
L’arte, con la sua creatività, può sembrare in contrasto con la politica, tuttavia diventa un potente mezzo per veicolare idee, creare coesione, spostare il baricentro dall’individuo alla collettività. In contesti politicamente repressivi con una copertura mediatica limitata, è l’arte a creare spazi di comunicazione, nicchie di solidarietà e avamposti di resistenza. In questo senso, l’arte e la politica possono integrarsi efficacemente, promuovendo il cambiamento.
Ed ecco, come scrive il poeta palestinese Mahmoud Darwish, «la paura che hanno i tiranni delle canzoni».
Frontiere sonore
Le mie tre sorelle e l’invincibile potere del teatro
Il regista e musicista iraniano Ashkan Khatibi crea una pièce ispirata al dramma Tre Sorelle di Anton Čechov, in cui confluiscono anche la storia vera dell’attrice e combattente per la libertà Sadaf Baghbani — prenditi qualche minuto per scoprirla, se non la conosci — che recita da protagonista dello spettacolo, e l’attualità di un paese in rivolta.
In Le mie tre sorelle, lunghi monologhi in italiano e farsi (con sovratitoli in italiano) si alternano alle deflagrazioni dei brani rap di Hichkas, artista in esilio a Londra, elevando la voce di una generazione intera a grido universale di lotta e insurrezione.
Ero in platea al Teatro Franco Parenti di Milano lo scorso aprile, tieni d’occhio questo titolo e cercalo in uno spazio vicino a te: è un’esperienza preziosa e un gesto di consapevolezza.
Farò più rumore del ratatata è una dichiarazione d’intenti
In un giorno di primavera, gli Eugenio in Via Di Gioia fanno ascoltare a Willie Peyote il provino di un brano che parla di guerra, violenza e repressione. Il brano denuncia diritti negati e abusi perpetrati, e scocca subito l’alchimia.
In più, un guizzo tecnologico: grazie all'intelligenza artificiale, la formante della voce del rapper iraniano Toomaj Salehi è replicata in Italiano, traducendo parole che lui stesso ha pronunciato prima di essere incarcerato.
Nasce così il brano Farò più rumore del ratatata, tassello di un progetto che da tempo coinvolge il Corriere della Sera per accendere una luce sulla storia del rapper Toomaj.
Dopo aver improvvisato il brano per le strade di Torino, gli Eugenio in Via Di Gioia invitano sul palco dell’OLTRE Festival di Bologna Ashkan Khatibi e Sadaf Baghbani per esibirsi insieme. Postato su Instagram, il video della performance è visualizzato oltre un milione di volte nelle prime ventiquatt’ore — anche in Iran grazie alla traduzione in farsi.
Le donne dell’elettronica iraniana in Intended Consequence
Le donne fanno parte di una scena musicale elettronica iraniana la cui storia risale agli anni Settanta, ma è stata frenata dalla rivoluzione del 1979 prima di svilupparsi gradualmente di nuovo in questo secolo. Oggi è animata da idee e progetti di una nuova generazione di artiste e artisti, spesso della diaspora.
La scorsa estate è stata pubblicata una compilation di musica e suoni di donne iraniane, curata dalle produttrici Aida Arko e Nesa Azadikhah: un’avventura sonora intitolata Intended Consequence, pubblicata tramite la loro etichetta Apranik Records.
Il disco è il secondo capitolo di Woman Life Freedom, uscito qualche mese prima. «Vogliamo usare la nostra voce e la nostra piattaforma per aumentare la consapevolezza su questi problemi nell'industria della musica elettronica altrimenti silenziosa», afferma Arko in un’intervista al Guardian di qualche tempo fa.
Eccoci al momento dei saluti. Luglio è iniziato da poco, e tra due settimane arriverà l’ultimo Dispaccio ufficiale prima delle vacanze estive; a proposito: sei in partenza o di ritorno da qualche viaggio? Hai intercettato suoni lontani? Raccontamelo, sono qui per ascoltare.
A presto, stai bene.
Samantha
Pegah Moshir Pour, Iran, sfida al potere con l’astensione. I dissidenti dal carcere: “Boicottaggio per denunciare le falsità di regime”. I candidati si affidano all’Intelligenza artificiale, in “La Repubblica”, 2024.
Iranian rapper Toomaj Salehi anticipated his arrest; his message continues to grow, in “CBC News”, 2023.
Iran: liberare il rapper Toomaj Salehi, in “Amnesty International”, 2024.
Bahar Roshanai, Music as a Mouthpiece of the Protests in Iran, in “MDW Webmagazin”, 2023.