#102. I concerti del futuro secondo i Massive Attack
Perché Act 1.5 traccia una nuova rotta per la musica dal vivo
Ciao !
Nella musica dal vivo si sta tracciando una nuova rotta che si intreccia alla salvaguardia dell’ambiente, e i Massive Attack sono in prima linea. Il progetto Act 1.5 non è solo un concerto, bensì un laboratorio di azioni concrete per il clima, un modello replicabile su piccola e larga scala.
Oggi te lo racconto, e aggiungo anche un graphic essay.
Act 1.5 cambierà la musica dal vivo?
Intervistato dal Guardian, Robert Del Naja dei Massive Attack è perentorio: «Non dobbiamo parlare della crisi climatica, dobbiamo agire».1
Di lì a poco, la band sarebbe tornata a Bristol, cinque anni dopo l’ultimo concerto, scegliendo Clifton Down, una vasta area verde pubblica, come base di partenza per Act 1.5: non un semplice concerto, bensì un acceleratore di azioni per il clima, per riprendere le parole degli stessi artisti.
Il nome si ispira agli sforzi per limitare l’innalzamento della temperatura globale a 1,5°C, uno degli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015. Sopra questa soglia non c’è nulla di buono.
Così, mentre per il pubblico si tratta di partecipare a un normale evento, la band ha provato a spingersi oltre, con l’obiettivo di ridurre al minimo storico le emissioni climalteranti. Il concerto dei Massive Attack diventa un progetto per la musica dal vivo del futuro.
La sostenibilità non riguarda solo le artiste e gli artisti che si esibiscono sul palco e la possibilità di usare la loro voce per diffondere idee e proclami, ma anche tutta la fase di produzione dello show e il coinvolgimento del pubblico stesso.
Il ripensamento del live passa dunque attraverso tre fasi principali: ricerca scientifica, revisione della produzione e dialogo con le istituzioni locali.
La prima fase avviene in collaborazione con il Tyndall Centre for Climate Change Research dell’Università di Manchester, che identifica i punti chiave su cui intervenire: i trasporti, l’energia, il cibo e i rifiuti.
Si passa così al secondo e terzo punto: per raggiungere Act 1.5 è incentivato l’uso di mezzi pubblici, biciclette e navette elettriche; si abbandonano i generatori diesel, sostituiti da batterie elettriche ricaricate a energia solare; per il cibo si preferiscono prodotti vegani e locali, suggerendo anche l’utilizzo di borracce personali per le bevande; tutti i contenitori sono inoltre compostabili, così come le toilette. Un aspetto importante riguarda anche il backstage: attrezzature e scenografie sono studiate per essere trasportate su due camion anziché sei, e la band preferisce gli spostamenti in treno.
I dettagli sono contenuti in un documento, la Roadmap to Super Low Carbon Live Music, che potrebbe davvero tracciare la rotta verso il futuro.2
Certo, cambiare non è facile, e le criticità sono numerose. La prima complessità che salta in mente è il dialogo con la pubblica amministrazione e le società di trasporti, ad esempio nell’ottica di incrementare le corse a disposizione o allungare i turni di lavoro.
Eppure, esistono esempi virtuosi. Basta salire a Madonna del Sasso, incantevole località piemontese che domina il lago d’Orta, dove il festival Minatori del Suono rappresenta, su scala ridotta, un dialogo con il territorio e un tentativo di fare la differenza.
Insomma, non si tratta più di sognare, si tratta piuttosto di avere sogni abbastanza grandi da infondere il giusto entusiasmo per essere inseguiti, di trovare la formula corretta per non adagiarsi nel passato e fiondarsi verso il nuovo con la giusta dose di consapevolezza. Senza aspettare troppo.
Postilla: qui puoi leggere un report approfondito sul debutto di Act 1.5 dei Massive Attack a Bristol.
Festival e concerti per un bel clima
Durante l’ultima edizione di Minatori del Suono, insieme a Clara Pogliani di Ci Sarà Un Bel Clima abbiamo parlato di musica, rivoluzione e attivismo per l’ambiente.
In quell’occasione è nato un dibattito sulla musica dal vivo e la sostenibilità, in cui si è parlato di Massive Attack, Billie Eilish, Coldplay e Patti Smith, e che ha coinvolto anche un altro esponente del collettivo, Gabriele Ruffato: ne ho approfittato per intercettarlo di nuovo e continuare la riflessione.
Il concerto dei Massive Attack ha dimostrato che è possibile realizzare un evento musicale sostenibile. Credi che il modello possa essere replicato su larga scala, anche per eventi più piccoli o in luoghi meno attrezzati?
Reimmaginare il modo in cui realizzare eventi e concerti è qualcosa di possibile e assolutamente necessario.
La musica, le artiste e gli artisti sono un collettore culturale enorme, hanno un impatto sociale importante e quindi diventano vettori per far arrivare al pubblico messaggi e contenuti che riguardano il sociale e la sostenibilità in maniera semplice, diretta ed estremamente efficace.
Il caso dei Massive Attack può e deve fungere da riferimento per un nuovo modo di concepire la musica live. Hanno scelto un approccio estremamente scientifico, commissionando già nel 2021 una ricerca realizzata dal Tyndall Centre di Manchester e arrivando nel 2024 a realizzare quello che è stato definito il concerto a minor impatto ambientale possibile, finendo addirittura su Nature.
Anche i piccoli festival, come Minatori Del Suono a Madonna del Sasso, o luoghi meno attrezzati per la sostenibilità, possono attivarsi, ad esempio riducendo gli sprechi, sostituendo i bicchieri monouso con bicchieri personali presi su cauzione, che possono essere riempiti più volte.
Che sia piccolo o grande, ogni impegno per ridurre l’impatto di eventi culturalmente importanti, ma prettamente ludici e troppo spesso altamente impattanti, è fondamentale: possono essere vettori di consapevolezza incredibili.
La connessione tra musica e sostenibilità è sempre più evidente. Quanto è importante che nomi celebri diventino portavoce del cambiamento climatico, e in che modo potrebbero influenzare il pubblico a fare scelte più consapevoli?
Discorso analogo vale per gli artisti: storicamente i loro comportamenti hanno avuto un impatto sociale imponente, basti pensare a quanto influiscono sulla moda, nella capacità di influenzare il modo di vestire dei loro fan.
Questo può e speriamo possa accadere in maniera sempre più efficace anche riguardo alla sensibilizzazione nei confronti della crisi climatica: parlare del problema, diventarne portavoce, suggerire comportamenti e fungere da esempio sono senza dubbio un onere e un onore che gli artisti possono e devono avere.
Basti pensare ai Coldplay, il cui frontman ha portato sul palco momenti di riflessione ambientale condivisi con centinaia di migliaia di persone, mentre sotto il palco sono state create aree in cui il pubblico stesso era attivamente coinvolto nel produrre corrente elettrica, pedalando su biciclette appositamente studiate. Questo permetteva alle persone presenti di essere parte attiva di un modo diverso di produrre energia, che non richiede necessariamente di bruciare qualcosa… se non delle calorie!
Ecocalypse racconta il potere delle storie
Quando Bojan Mitrović mi ha rivelato di avere nel cassetto un graphic essay, eravamo a Sarajevo. Lui è uno storico dell’Europa orientale che lavora nel turismo responsabile e sostenibile, con una spiccata passione per il disegno, soprattutto inchiostro su carta, e ottimi gusti musicali.
Oggi, il suo libro è pronto a raccontare la crisi climatica, la necessità di azioni globali unita alla sensazione di impotenza individuale, l’urgenza di pensarci come collettività e, naturalmente, l’importanza di raccontare storie attraverso l’arte, la musica e le parole, per cambiare il mondo.
La sua opera si chiama Ecocalypse e gli ho chiesto di descriverla.
In Ecocalypse prendi ispirazione da Dürer per una rappresentazione apocalittica del nostro tempo. Come si intrecciano influenze e moderne riflessioni sulla crisi ambientale e le disuguaglianze sociali?
La mia idea è che non necessariamente devono intrecciarsi. Credo, anzi, che la distanza sia sempre necessaria per capire. Il trucco che adotto per prendere le distanze è, appunto, quello di raccontare la storia di oggi a un personaggio scomparso più di cinque secoli fa. In realtà forse tutto il ragionamento sull’apocalisse serve per capire quanto sia scarsa la nostra immaginazione sulla fine del mondo.
Per quanto breve sia Ecocalypse, cerco di fare anche alcuni ragionamenti a lungo termine come quello sulla legittimità dell’élite o sui mercenari, ma l’intreccio con il passato è forse dato più attraverso le dissonanze che non le similitudini.
Come pensi che le storie – che siano attraverso la musica, la letteratura o le arti visive – possano mobilitare le persone ad agire di fronte alle grandi crisi?
Le storie creano senso.
Il fatto di esserci riuniti davanti al fuoco a cantarci e narrarci storie rafforza il nostro senso di comunanza, ma rafforza anche i valori in cui tutti noi crediamo. Ora che la storia non è più davanti al fuoco, ma al cellulare, la situazione si fa molto più complessa ed è ancora più complesso su temi così difficili come il riscaldamento globale. Scompare ogni parvenza di univocità. Ma dai valori scaturisce l’azione.
Credo che le arti siano necessarie per procurare emozioni e le emozioni sono ciò che ci spinge ad agire.
Ma proprio lì sta il problema: agire per fare cosa? Non ci sono attività che possiamo fare e poi dire: «Ahhh, finalmente, oggi ho lavorato tre ore per il Pianeta». Non è così che funziona, purtroppo. A livello personale, il massimo che possiamo fare è ridurre i consumi, differenziare i rifiuti e poco altro.
Sembra quasi che ci sia un’onda gigantesca che ci sta arrivando addosso, ma l’unica cosa da fare sia pensare a quale vasetto buttare dove. Credo che uno dei problemi principali sia questo: l’estrema impellenza globale unita all’estrema impotenza individuale. Ma è solo la superficie. In realtà potrebbero essere tante le cose che potremmo fare se solo fossimo collettivamente d’accordo per ridurre i consumi.
Affrontare il cambiamento climatico, in ogni caso, non sarà indolore, ma nemmeno impossibile. Se dovessi essere di nuovo seduto davanti a quel fuoco, cercherei di raccontare una storia che parla di difficoltà superate e di quelle che bisognerà superare ancora. Ed è questo il modo in cui cerco di mobilitare le persone attraverso Ecocalypse.
Citi una canzone fondamentale dei Bad Religion: “Faith alone won't sustain us anymore”. Cosa serve a tutte e tutti noi per agire ed evitare il disastro?
Cercherò di rispondere con un aneddoto. Sembra che la quantità di litio presente sul pianeta potrebbe non bastare per trasformare tutte le nostre macchine in veicoli elettrici. Sembra che in futuro, come nell'Ottocento, solo i signori viaggeranno in carrozza. E questo potrebbe anche andarmi bene, posto che si pensi a un efficiente sistema di trasporti pubblici. Ma non lo si fa.
Sembra che le nostre élite siano terrorizzate dal darci cattive notizie, perché poi a queste cattive notizie dovranno offrire soluzioni che non sempre esistono. L’alternativa che alcuni stanno già adottando è di creare problemi più gravi per poter far finta che gli stessi problemi non esistano. Questa è la strada che mi sembra già presa da Putin e Netanyahu e penso che tutti i leader del mondo ora abbiano seri incentivi a seguirli. Dunque, credo ci serva una buona dose di realismo e di sangue freddo per affrontare un futuro che difficilmente sarà roseo, ma servirà ancora più sangue freddo per non lasciarci impressionare da tentativi sempre più folli per sviare la nostra attenzione.
Ecocalypse. A graphic essay di Bojan Mitrović è su Kickstarter.
Prima di chiudere, ci sono un appuntamento e un sondaggio!
✔️ Lunedì 14 ottobre, nella sede della casa editrice People a Busto Arsizio (VA), c’è il gruppo di lettura I Lunedì di People: ti aspettiamo dalle 19.00 per leggere e commentare insieme Fascismo e populismo di Antonio Scurati (Bompiani).
E adesso, una domanda:
Bene, il Dispaccio di oggi finisce qui, e il prossimo è già in cantiere.
Intanto, fammi sapere che ci sei: lascia un commento per svelarmi come ti è sembrata questa puntata, se conosci degli eventi che tengono in modo particolare alla sostenibilità o se anche tu credi che le storie abbiano la forza di cambiare il mondo; se non te la senti, palesati con un cuore!
Greg Cochrane, Massive Attack castigate music industry over climate inaction: ‘We don’t need to talk. We need to act’, in “The Guardian”, 2024.
Massive Attack publish Tyndall Centre for Climate Change Live Music Roadmap, in Tyndall Centre.