C’è un modo di raccontare la realtà che ci trasporta al cuore della scena: attraverso le voci, i rumori e le melodie. Con il suono, l’immaginazione si accende, il coinvolgimento è totale, l’effetto travolgente.
Ciao !
Preparati, perché oggi, grazie a una raccolta di registrazioni sul campo, viaggeremo per il mondo e approfondiremo l’attualità da un nuovo punto di vista.
Quando il suono racconta il mondo
Il suono — e le vibrazioni sonore, qualora non fossimo in grado di utilizzare in parte o del tutto l’udito — è la nostra bussola nel mondo, ci colloca nello spazio, definisce la realtà intorno a noi; inoltre, crea connessioni invisibili tra le persone, risveglia emozioni sopite, ci guida nel buio, dà ritmo ai nostri passi e voce ai nostri silenzi. È ciò che ci fa sentire vivi, presenti e parte di un universo vibrante.

Raccontare il mondo attraverso i suoni naturali, le voci umane, i rumori delle città, è un’esperienza più vicina al quotidiano di quanto pensiamo. Spesso non percepiti in modo consapevole, i suoni condizionano le nostre vite e testimoniano il presente.
Una raccolta di registrazioni sul campo
Esiste una mappa sonora globale, che raccoglie migliaia di registrazioni sul campo e composizioni: nasce grazie a Cities and Memory,1 la realtà partecipativa che racconta il mondo attraverso suoni, voci e musiche. Ogni anno, da otto anni, il progetto pubblica Sounds Of The Year, un album che celebra la varietà sonora attraverso composizioni che mescolano documentazione e arte. Lo scorso dicembre è arrivata però una novità: con il debutto di Field Recordings of The Year, è possibile ascoltare drammatiche e suggestive testimonianze sonore.

Nell’album sono raccolte alcune delle più significative proposte inviate lo scorso anno a Cities and Memory, che raccontano la realtà in un modo diverso dalle parole e dalle immagini.
Basta chiudere gli occhi per trovarsi lì, in intima connessione con il cuore di una foresta, durante la preghiera in una chiesa o al sicuro su una scialuppa di salvataggio.
Nelle sue diciassette tracce, Field Recordings racconta i grandi temi del presente, come le migrazioni, il ruolo della spiritualità, la tutela del patrimonio immateriale e, non ultima, la salvaguardia dell’ambiente.
Attraversare i confini
«Questo è il suono di tre squadre su gommoni a scafo rigido che salvano circa 130 persone da un gommone sovraccarico nel mezzo del Mar Mediterraneo, intorno alle 2 del mattino del 27 dicembre 2022»
Inizia così il viaggio sonoro, con un documento di Frey Lindsay durante un’operazione della Ocean Viking in mare aperto.
L’equipaggio ha raggiunto più di un centinaio di donne, uomini e bambini, tra cui un neonato, che tentavano la traversata verso le coste europee dalla Libia, stipati su un’imbarcazione precaria. Le urla «You’re safe!» dei soccorritori sciolgono la tensione e il suono ci immerge nella reale drammaticità delle storie di migrazione.

Accanto al Mediterraneo, anche l’Europa orientale è interessata dai flussi migratori. Nel 2016, Maria Margaronis sta lavorando a un documentario radiofonico della Bbc sulla politica migratoria ungherese, arriva così alla prigione dietro il monastero di Marianosztra. Qui sono i detenuti a produrre il filo spinato destinato al confine tra Ungheria e Serbia per il respingimento dei migranti — un prodotto che verrà persino esportato.
Il rumore meccanico e angosciante dei macchinari racconta una doppia storia di emarginazione, che intreccia vite in apparenza distanti: quella di chi è rinchiuso in carcere e quella di chi sarà respinto al confine.
Il conforto del suono sacro
Sul fronte opposto all’emarginazione c’è l’accoglienza, la necessità umana di costruire una collettività.
Il suono delle campane, per secoli è stato il principale segnale acustico in grado di definire le comunità cristiane. Oggi quel segnale si confonde con altri suoni e rumori urbani, eppure è sempre presente.
La cattedrale Aleksandr Nevskij di Tallinn ha undici campane, la più grande delle quali pesa 16 tonnellate. Qui, Cities and Memory registra un percorso sonoro, seguendo il loro richiamo dall’esterno per immergersi poi in una preghiera ortodossa.
Il suono sacro non è però solo legato alle istituzioni religiose. A Dushanbe, in Tagikistan, si leva un canto in lingua Pamiri; donne giovani e anziane si uniscono in quelli che Shahnoza Nozimova chiama i Suoni dell’ultimo viaggio. Un conforto per chi resta, che trova nella collettività sostegno e comprensione, ma anche un modo per accompagnare l’anima di chi non è più tra noi nell’ultimo viaggio.
Vita nomade e migrazioni
Le registrazioni sul campo tornano spesso ad affrontare i temi legati alle migrazioni e alla vita nomade; i suoni sono infatti in grado di fissare nel tempo un patrimonio orale che, con il cambiamento delle condizioni di vita, rischia di scomparire.
È un giorno di primavera quando, sulle montagne del Khingan, nella Mongolia interna, risuona uno scampanellio cristallino: sono le renne degli Evenki cinesi. Negli ultimi trent’anni, la vita nomade di questa comunità sta scomparendo, e con essa la loro lingua: le generazioni più giovani, molto spesso, non la conoscono, mentre le più anziane vivono isolate; le renne, dal canto loro, si limitano a pascolare e fare qualche foto con chi viaggia fino a qui.
Dall’altra parte del mondo, è sempre primavera quando Christine Renaudat è a Zitácuaro, in Messico, per un progetto artistico. In quel periodo è in lutto per la nonna, scomparsa in Francia e che non ha potuto incontrare per lungo tempo dopo essersi trasferita in America Latina.
«Pensavo alle scelte che avevo fatto e che mi avevano portato in questo luogo, in questo momento, da sola con le monarca migranti che mi volavano intorno. Ero in soggezione e allo stesso tempo sentivo il senso di colpa per aver deciso di essere lontano»
Il battito delle ali di migliaia di farfalle diventa più di un fenomeno naturale, è un suono ipnotico che sembra accedere alle sensazioni più intime.
Le voci della natura
Anche i paesaggi sonori naturali diventano una testimonianza preziosa, soprattutto in un tempo in cui la crisi climatica è una seria minaccia per troppi ecosistemi.
A Sisimiut, in Groenlandia, Lisa Germany cattura l’essenza acustica di un paese conosciuto come “città dei cani”. La muta si prepara per affrontare la natura trainando una slitta: tra il clangore delle catene e il rombo delle motoslitte si alzano gli ululati.
La sleddog ha una storia antica, che inizia con le migrazioni degli Inuit dal Canada, attraversando il mare ghiacciato con una slitta trainata da cani. Oggi le motoslitte hanno soppiantato la tradizione, ma esistono programmi per mantenerla, proprio come a Sisimiut.

A Guanacaste, in Costa Rica, è invece l’alba protagonista di uno spettacolo che non ha eguali.
Quando il sole sorge e le creature notturne si ritirano, la natura si prepara a esplodere in tutta la sua meraviglia, una vera e propria orchestra che crea un pattern sonoro limpido e preciso. Alla base il frinire dei grilli accompagna tutta la giornata; arrivano poi canti delle diverse specie di uccelli, che dialogano e interagiscono tra loro. Grande solista nella registrazione di Diego Espeleta è la scimmia urlatrice che, una volta sveglia, occupa con il suo richiamo tutto lo spazio, annunciando la sua presenza.
Infine, il vento dell’autunno scuote i pini e le querce, è calata la sera a Mas de la Barque, sul Monte Lozère, in Francia. Eppure qui il silenzio non esiste: la notte è popolata di suoni, come il bramito dei cervi e il bubolare dei gufi.
Così, nel cuore incontaminato delle terre occitane, mentre il sole tramonta, si conclude il viaggio.
Esercitare l’ascolto, sempre
La testimonianza raccolta nel fango del campo profughi di Eidomeni, al confine tra Grecia e Macedonia del Nord, dopo la chiusura della rotta balcanica verso l’Europa nel 2016; la lunga registrazione degli allenamenti di kickboxing Muay Thai in una palestra di Chiang Mai, in Thailandia; il canto interpretato da un gruppo di guerrieri Masai nel centro di un villaggio dove abitano poco più 250 persone in Kenya, e altre tracce ancora completano il mosaico degli spazi acustici raccolti in Field Recordings.
Nella poesia Canto di me stesso, Walt Whitman scrive «Ora non farò che ascoltare», e descrive i suoni che si combinano, fondono e susseguono avvolgendo la sua persona.
Ecco cosa dovremmo fare, la più banale e allo stesso tempo complessa delle azioni: ascoltare. Poiché l’ascolto è un esercizio pratico di conoscenza, tolleranza e rispetto, l’unica via possibile per un tassello di bene in un mondo che non lascia respiro.
Siamo alla fine di uno dei Dispacci più etnomusicologici di sempre, e ora tocca a te: hai una scena che ti ha colpito, un paesaggio che ti è caro, un ricordo che vuoi condividere attraverso il suono? Dimmi:
Qual è il tuo paesaggio sonoro?
Scrivilo nei commenti — non rispondere alla mail — e proviamo a costruire la nostra mappa.
Intanto, grazie sempre.
Samantha
Del progetto di Cities and Memory Migration Sounds ha parlato anche
nella sua newsletter .
Nel gennaio del 2005, mia moglie ed io stavamo in Egitto, in un resort sperduto tra il mare e il deserto. Un deserto terroso e uniforme, con dune piccole e continue. Un bel giorno, decidiamo di affidarci a una guida per percorrerlo con la bicicletta per una ventina di chilometri, non di più. Insieme a noi, una coppia di tedeschi. Appena superata la prima duna, perdo il gruppo, visto che pedalavo troppo lentamente e mi distraevo di continuo. Ti posso assicurare che tutto sembrava uguale e che non riuscivo a ritrovare né il sentiero verso il resort né la direzione presa dal piccolo gruppo.
Mi sono detto "fermati, che tanto la guida sa come trovarti".
Intorno a me le dune e il nulla, il nulla e le dune. E grazie che le tre religioni monoteistiche sono nate del deserto!
Mi dirai "perché non hai seguito le tracce delle bici?". E qui arriva il suono, un suono che non dimenticherò mai. Più che altro, un leggerissimo sussurro: quello di un vento leggerissimo, soffuso, dolce e delicato che aveva già cancellato le esili tracce delle ruote, dei passi, di qualsiasi cosa fosse passata su quel terreno quasi sabbioso. Un suono impercettibile, ma evocativo e meraviglioso, che accompagnò le poche foto che scattai, prima che la guida si palesasse da un insospettabile punto, per riprendermi e portarmi là dove il gruppo si era fermato per prendere il fatidico tè nel deserto.
Sono un musicomane, appassionatissimo di ennetanti generi musicali. Ma quel suono, quel sussurro di vento leggero e suadente, non lo dimenticherò mai.
Stammi bene, Samantha.
Alla prossima, Alessandro
Grazie Samantha, quanti orizzonti spalancati in un numero solo, wow! Io posso dirti che ho iniziato a smettere di andare in giro con le cuffie per fare più caso ai suoni che mi circondano. La mia cosa preferita sono i frammenti di conversazioni ascoltate per strada.