#99. Quiete
La performance di Marina Abramović a Glastonbury, il Manifesto Acustico di Peter Androsch; poi uno studio, un gioco e una playlist.
Prima dell’incontro con il Brasile ai quarti di finale della Copa America, il CT dell’Uruguay Marcelo Bielsa ha dichiarato che: «Il calcio è proprietà popolare». Fuori dalle logiche di business, rappresenta infatti l’accesso alla felicità per chi non ha nulla.
Ciao !
L’osservazione sul calcio mi ha fatto riflettere, perché anche la musica dovrebbe essere una proprietà popolare, eppure è sempre più complesso godersi un concerto da un punto di vista economico, logistico e di accessibilità. Similmente anche il silenzio — protagonista del primo Dispaccio in assoluto — è diventato un lusso, e impone una riflessione.
Nel Dispaccio di oggi si parla di silenzio tra la performance di Marina Abramović a Glastonbury e il Manifesto Acustico di Peter Androsch; ci sono poi lo studio di The Sound of Silence, un gioco e una playlist per te.
Sette minuti di silenzio
È possibile per duecentomila persone radunate nella campagna inglese restare in assoluto silenzio per sette minuti?
La risposta a questa domanda è un’incognita per Marina Abramović fino al momento in cui appare sul palco principale del festival di Glastonbury, un venerdì di fine giugno.
Annunciata solo il giorno prima, l’artista serba propone la performance Seven Minutes of Collective Silence, da realizzare con la collaborazione di chiunque si trovi lì. Il silenzio racchiude una forza potente, secondo Abramović connette le persone con un legame profondo impossibile da ottenere per mezzo delle parole.
Apparsa sul Pyramid Stage, spiega:
Ciò che vi propongo è qualcosa che non è mai stato fatto in nessun festival musicale della storia; vi propongo sette minuti di silenzio.
Così, quando il rintocco del gong dà il via ai 420 secondi, accade il miracolo: niente grida, niente cori, solo l’eco di musiche dai palchi intorno, sospiri, lo scricchiolio dei bicchieri di birra; il mondo galleggia in un limbo di quiete.
Nel corso dei sette minuti, Abramović tende le braccia e le maniche della sua veste, disegnata dallo stilista Riccardo Tisci, formano il simbolo della Campagna per il Disarmo Nucleare.
In un mondo immerso nel caos e nella violenza, per una manciata di istanti, chi era lì ha fatto qualcosa di straordinario.
Nella vita di ogni giorno, il silenzio è cosa rara, spesso inaccessibile.
Non che il silenzio esista davvero, in realtà.
In musica lo ha spiegato bene, all’inizio del secolo scorso, la scuola di Vienna con Sechs kleine Klavierstücken op.19 n.2 di Arnold Schoenberg e Variationen für Klavier, opus 27 di Anton Webern, opere che usano il silenzio come materiale sonoro, creando tensione e delineando una dimensione che va al di là della percezione acustica fino ad allora intesa.
Lo ha spiegato in modo ancora più eclatante John Cage con la sua 4’33’’, una composizione in cui non è previsto suonare alcuno strumento; sono bensì i rumori dell’ambiente circostante a dare una forma sempre inedita al brano, una continua improvvisazione.
Forse oggi è meglio parlare di una invasione di musiche, voci e rumori, un’occupazione che riempie disperatamente l’ambiente che ci circonda.
Niente a che vedere con la elevator music all’inizio del Ventesimo secolo, quella diffusa negli ascensori per evitare attacchi di panico a chi si trovava in una scatoletta di alluminio pronta a issare o precipitare chiunque per centinaia di metri nel vuoto, un gesto di cura nel vortice del progresso.
La musica non guarda più al contesto, quanto piuttosto al volume; è spesso scelta in modo casuale, può arrivare inaspettata, talvolta in contrasto netto con i nostri stati d’animo, alla faccia di Brian Eno e delle sue teorie sull’ambient, quando scrive:
È mia intenzione produrre pezzi originali, palesemente (non esclusivamente) destinati a particolari momenti e situazioni, come il progetto di costruire un piccolo, ma versatile catalogo di musica d'ambiente adatta a un'ampia varietà di umori e di atmosfere.1
Se l’ambiente fisico, soprattutto quello urbano, è in balia del caos, la dimensione digitale non è da meno: basta aprire un social per ritrovarsi in uno scroll infinito di frammenti sonori, a tutto volume, con ripetizione frequente delle stesse melodie o di identiche matrici.
Compositore e filosofo, nonché fondatore e direttore del Co.Lab Acoustic Ecology dell’Università di Linz2, Peter Androsch già nel 2009 pubblica il suo Manifesto Acustico3 dove traccia i contorni dello horror spatii sono vacui, il terrore degli spazi privi di suono, e fa un’osservazione interessante:
La sonificazione è la nuova arma del potere. La sonificazione è diventata radiazione. Le persone vengono sottoposte a radiazioni sonore e rese apatiche e stupide - in ogni luogo, in ogni momento e in ogni circostanza.
Peter Androsch, The Acoustic Manifesto
Il suono è ovunque, ogni giorno, ventiquattr’ore su ventiquattro, nelle abitazioni private come negli spazi pubblici, senza alcuna distinzione. La criticità nasce nel momento in cui non esiste ancora uno standard di convivenza con tutte queste stimolazioni.
Androsch dipinge persino un’immagine gotica, un manicomio dell’acustica zeppo di jingle, notifiche, canzoni d’attesa pronti a infestare le nostre giornate senza lasciarci scampo. Cosa che effettivamente accade.
Ormai da tempo, il silenzio è un bene di lusso: dove vivere con la propria famiglia, a quale architetto affidare la progettazione di un nuovo quartiere, la semplice possibilità di acquistare preziosi auricolari con diverse modalità di filtraggio del suono sono a tutti gli effetti dei privilegi.
La quiete è merce di scambio in un mondo dove il bombardamento sonoro è costante.
E allora la situazione può essere capovolta; il silenzio diventa, oltre a un lusso, uno strumento di protesta, un modo per imporre di fermarci, fare un passo indietro, chiudere le nostre bocche, abbassare il volume dei dispositivi, spegnere i motori.
Rallentare, ascoltare noi, il nostro intimo, e chi ci sta accanto; cimentarsi nella più faticosa attività promossa dal silenzio, per davvero, non pensando di sgraffignare mezz’ora di meditazione in pausa pranzo: riflettere.
Come si ricorda nel Manifesto Acustico, ogni persona ha diritti fondamentali quali respirare aria sana e tutelare il proprio corpo; allo stesso modo ha il diritto di rivendicare un ambiente sonoro accogliente. Con tutto ciò che ne consegue, come la diminuzione del traffico, la progettazione di quartieri salubri, l’educazione all’ascolto e al rispetto delle altre persone fin dall’infanzia e così via.
Il silenzio, da esercizio individuale si fa esperienza collettiva; così come i sette minuti di Marina Abramović diventano un segno, un tassello per cambiare il mondo.
Frontiere sonore
Possiamo davvero ascoltare il silenzio?
Lo scorso anno, dai laboratori della Johns Hopkins University è arrivato un esperimento in grado di farci capire come ascoltare il silenzio. Già.
Lo puoi fare anche tu, con questo video (prima di continuare a leggere):
Nell’esperimento, il nostro cervello viene messo alla prova e percepisce l’assenza di rumori esattamente come la loro presenza: il silenzio non è quindi solo una deduzione, una mancanza, bensì un’entità tangibile, che può essere “sentita” allo stesso modo di suoni e rumori. Il silenzio è presenza.
Nel video, puoi ascoltare una traccia con un suono continuo, poi una in cui sono presenti delle pause. Al momento di rispondere quale sembra più lunga, le persone sostengono che il suono continuo sia maggiore, quando in realtà ha la stessa durata della somma dei due suoni della seconda traccia. Provando a fare il contrario, cioè sostituendo ai rumori i silenzi, il risultato non cambia.
Insomma, è come se il cervello elaborasse il suono e la sua assenza con un input acustico simile, “sentendo” quindi il silenzio. Affascinante, vero?
Ti ricordi il gioco del silenzio? Rifacciamolo!
Questo esercizio prende spunto dal Gioco del silenzio che si fa a scuola4 e che ha mille variazioni. Trova un luogo tranquillo, al chiuso o all’aperto, puoi anche essere con altre persone; disconnetti tutti i dispositivi in modo che non ti arrivi nessuna notifica.
Fissa un timer — puoi iniziare da un minuto — e chiudi gli occhi; resta così, senza parlare, ascoltando ciò che hai intorno fino a che il tempo non sarà trascorso, provando a notare tutti i suoni e i rumori che ti circondano.
Alla fine del tempo, se hai fatto questo esercizio con qualcuno, puoi condividere le sensazioni vissute; puoi ripeterlo, prendere appunti e raccogliere un diario sonoro.
Perché fare questo esercizio, oltre che per mera curiosità? Il silenzio aiuta a riposare, ma anche a trovare la concentrazione. Inoltre, può essere una buona strada per sviluppare il rispetto per chi ci sta accanto, allenare la comprensione e ritrovare la calma.
Una playlist di musica della natura
Ecco una playlist per rilassarti, da ascoltare ovunque tu sia; l’ho scelta perché mi piace e perché adoro le notti d’estate e tutti i suoni che le popolano, tu no?
«Già, perché adesso i Dispacci vanno in vacanza!» mi viene fatto notare con una velata nota di sarcasmo. Del resto, alcune persone sanno bene con chi hanno a che fare: la risposta è ni.
Innanzitutto, ci diamo appuntamento per il rientro di settembre con il numero 100… pazzesco! Nel frattempo, ti lascio con la promessa di tre speciali per farti compagnia durante il mese di agosto, tre uscite da leggere e ascoltare, che arriverranno come sempre ogni due mercoledì: sono le Cartoline sonore, le ho programmate da settimane e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensi.
Ci sentiamo presto, stai bene, raccontami i posti che vedi, i suoni che ascolti.
Samantha
Brian Eno, Futuri impensabili. Diario, racconti, saggi. Firenze: Giunti Editore, 1997.
Co.Lab Acoustic Ecology, Sito ufficiale.
Peter Androsch, The Acoustic Manifesto, 2009.
Diana Pennacchia, Montessori: la scuola che insegna il silenzio, in “Non Sprecare”, 2023.
Ma che storia l'esperimento sonoro sul corpo del silenzio! Ho proprio voglia di fare un po' di gioco del silenzio, magari in un bosco; e non vedo l'ora di leggere le Cartoline sonore.
Ormai nella top 3 delle mie nl preferite. Sempre super interessante, sempre cose nuove.